lunedì 24 febbraio 2014

'AY'a'eL (dal 19 al 24 febbraio) 2' parte

L'effige di George Washington scolpita sul Monte Rushmore
(Da 30° dell’Acquario a 5° dei Pesci)
Hanno assoluta necessità di una vetta, e di starci sopra da soli: il loro sguardo deve poter spaziare libero su tutto l’orizzonte, a tu per tu con il cielo. Da lassù i guai, i pensieri, i progetti di tutti (anche i loro stessi) appaiono talmente piccoli da sorriderne; e solo le altre vette, lontane, sembrano meritare attenzione. George Washington scolpito sul picco del Monte Rushmore: ecco un ’Ay‘a’el perfettamente realizzato, immortalato nell’espressione e nel luogo a lui più congeniali. O anche Copernico, che medita sul sistema solare voltando le spalle alla terra che non lo capisce; o Chopin che, lontano dalla Polonia, cesella metafisici valzer, vertiginosamente inadatti a chi voglia ballare: anche questi furono ’Ay‘a’el fedelissimi alla consegna.

Ma altrettanto profonda, in tutti gli ’Ay‘a’el, è l’esigenza di scendere e comunicare, agli altri mortali, almeno un po’ di ciò che si impara là in cima. Senza grande entusiasmo, è vero, e soprattutto senza aspettarsi gran che dalla valle, ma un loro senso del dovere sociale non li lascerebbe in pace se tentassero di fare soltanto i solitari
E tutta la loro sorte dipende dall’equilibrio che riescono a stabilire tra queste direzioni dell’animo. Non è facile, e molti non reggono. A valle si sentono invischiati, soffocati, incompresi: in parte lo sono davvero; in parte architettano loro stessi, senza accorgersene, situazioni che li deludano e che giustifichino il loro ritorno sulle amate vette, via dalla gente che non merita. Dispongono, a tale scopo, di un loro repertorio di tecniche infallibili: possono per esempio eccedere nell’idealismo, e misurare tutti quanti (anche i famigliari) con un metro troppo severo; oppure esagerano nella generosità, per poi potersi sentire mal ripagati; o anche, nei casi più drammatici, riescono a boicottare le loro stesse realizzazioni, a mandare in rovina un’opera notevole o una carriera – appunto perché li faceva sentire troppo imprigionati nel mondo consueto. La loro congenita incapacità di ascoltare le critiche li asseconda perfettamente, in tale specie di perversioni. Fu per questa via che l’imbronciato, sdegnosissimo ’Ay‘a’el Arthur Schopenhauer arrivò a teorizzare la ragionevolezza del suicidio come metodo per sottrarsi alle illusioni e alle inerzie del mondo. E nel brusco finale di carriera dell’’Ay‘a’el Bettino Craxi ebbe una parte notevole, io credo, anche un irresistibile impulso alla fuga, da ’Ay‘a’el esasperato. Anche la sua scelta della Tunisia come luogo d’esilio è, quanto a questo, significativa: non è necessario che una vetta sia proprio in montagna, a volte basta che sia semplicemente a distanza, e che guardando verso l’orizzonte si veda lontano – come là in Tunisia, tra i deserti e il mare.
Frequenti, purtroppo, tra gli ’Ay‘a’el di minore respiro sono anche altre «vette» più facilmente raggiungibili: alcol, droga. Peter Fonda era nato il 23 febbraio: e i motociclisti del suo film Easy Rider erano molto ayaelici, i loro chopper erano modelli tecnologici di vette semoventi, con lo scintillio, come di nevi, dei tubi cromati, e tutt’intorno le sconfinate highways; è triste, ma in perfetta coerenza con il suo Angelo, il fatto che poi Peter non abbia più fatto nulla: come se più di tanto non fosse necessario, per uno che ama stare da solo. Oltre ai narcotici e agli eccitanti, gli ’Ay‘a’el possono scegliere come forma di isolamento dal mondo anche la depressione. 
"Da lassù tutto appare talmente piccolo da sorriderne..."
Un po’ di equilibrio, ripeto, un po’ di pazienza: è tutto lì il segreto perché la vita sorrida a questi eremiti a metà. Un buon punto di equilibrio può essere, per loro, una qualsiasi forma di podio: il palcoscenico d’un teatro, un ufficio da dirigente, o una cattedra – universitaria possibilmente, poiché gli ordini di scuole inferiori impegnano troppo; e meglio di tutto in filosofia: l’’Ay‘a’el Benedetto Croce vi si trovò comodissimo, per decenni. Anche un pulpito può fare al caso, tanto più che raramente gli ’Ay‘a’el sono tagliati per il matrimonio e la paternità; o una passione costante per qualche mistica illustre e raffinata; o anche soltanto un’automobile un po’ più ricercata, che li faccia sentire speciali nel traffico urbano o nell’irrimediabile banalità di un’autostrada. In mancanza d’altro, anche un senso imperterrito della propria dignità può bastare – purché, certo, sia garantito un weekend contemplativo, dovunque sia ma lontano e in silenzio.
 Igor Sibaldi - Libro degli Angeli
Eyael, o ’Ay‘a’el, è il 67esimo Soffio, terzo raggio angelico nel Coro lunare degli Angeli Angeli guidato dall’Arcangelo Gabriele, nel quale governa le energie di Giove. Il suo elemento è l'Acqua; ha domicilio Zodiacale dal 0° al 5° dei Pesci ed è l’Angelo Custode dei nati fra il 20 e il 24 febbraio. I sei Angeli Custodi dei Pesci, collettivamente, fanno dei loro protetti creature di speciale sensibilità: grandi sognatori, ma non privi di senso della realtà, sono amabili, emotivi, ispirati, generosi, servizievoli e, quando sono realizzati, sanno sempre collaborare istintivamente, con ogni azione quotidiana, all'Opera Divina.
Il nome di Eyael significa “Dio delizia dei bambini e degli uomini”.
Il dono dispensato da Eyael è TRANSUSTANZIAZIONE e TRASFORMAZIONE.
Questo angelo domina ogni processo di trasformazione: i cambiamenti, le mutazioni, le metamorfosi, negli eventi, nelle personalità, nella Natura. Dona amore per la solitudine; saggezza e ispirazione superiore; inoltre particolari talenti artistici, specie legati alla pittura e alla musica, e anche attitudine a cucinare, cioè alla trasformazione del cibo. Ispira lo studio delle alte scienze e della storia universale. Riguardo alla nostra evoluzione, sapersi trasformare significa in primo luogo scoprire ciò che in noi più ci inquieta o ci turba, comprenderlo e accettarlo. Con l’accettazione c'è l'inizio della trasformazione; per l'impulso di Eyael ogni nostra debolezza può essere trasformata nel nostro miglior punto di forza; la nostra energia si espande e la nostra azione trasforma positivamente il mondo. Secondo Haziel questo Angelo ha il compito di esteriorizzare in termini completi i sentimenti, attraverso il cui filtro l’individuo farà passare ogni cosa; la sua vita sentimentale ne risulterà molto stimolata, e l'azione dell'angelo si potrà manifestare anche attraverso un gran numero di vicende amorose. Queste saranno in genere di breve durata, ma poiché i protetti di Eyael recano in sè il Messaggio Divino, gli episodi che tramite loro condurranno a un mutamento saranno legati a circostanze da leggere in chiave nettamente favorevole. Attraverso i propri amori, dunque, i protetti da questo angelo cambiano il mondo facendo cessare situazioni stagnanti, stimolando energie nuove e promuovendo l'amore per cause positive. Secondo la Tradizione Eyael dona lunga vita sia agli esseri umani sia ai monumenti, che conserva nel miglior stato possibile affinché la saggezza venga tramandata di generazione in generazione; il suo campo d'influenza si estende inoltre a tutti gli studi esoterici, filosofici e di carattere spirituale.
Qualità di Eyael e ostacoli dall'energia "avversaria"
Le qualità sviluppate da Eyael sono la capacità di trovare il buono in ogni cosa, generosità di sentimenti, consolazione, gusto per l’elevazione e l’evoluzione spirituale; saggezza, erudizione, illuminazione divina, comprensione dell’aspetto sconosciuto dell’Opera di Dio, cambiamenti, longevità.
L’Angelo dell’Abisso che contrasta Eyael si chiama Gagalim e rappresenta l'oscurità e tutti gli inganni che discendono dalla mancanza di luce. Causa pregiudizi, imbrogli, visione ingannevole, diffusione di convinzioni errate e di sistemi erronei sia nel campo spirituale sia scientifico.
Meditazione associata al Nome: Grandi aspettative
La meditazione associata a Eyael si chiama "grandi aspettative"Secondo la Kabbalah, infatti, la sua vibrazione fornisce lo strumento meditativo più efficace a coloro che si aspetterebbero di più dagli amici, da familiari o dalla vita stessa, ma vedono risultati che non ritengono all'altezza delle loro aspettative, oppure se ne sentono delusi, in quanto non abbastanza corrisposti.
L'intuizione profonda cui dobbiamo attingere è che è necessario bandire le aspettative come ragioni delle nostre azioni: la nostra vita deve essere retta a prescindere dal guadagno che possiamo trarre dalle nostre buone azioni, compresi i guadagni spirituali. Ogni nostra azione deve essere volta al Bene, sempre, a prescindere dal frutto ed è proprio così, non aspettandoci assolutamente niente, che avremo il miglior esito delle nostre azioni nella nostra stessa vita; non importa come e quando; l'importante è non cadere nello scoramento a causa del perdurare delle nostre aspettative. Meditazione: ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione: in virtù di questo Nome ora controllo il potere del tempo nella mia vita. Non chiederò di più per domani ma apprezzo ciò che già ho, nell'oggi. Bandisco ogni falsa aspettativa e cerco di far emergere il valore di ciò che ho e di ciò che sono, proprio adesso.
Esortazione angelica
Eyael esorta a sviluppare una volontà decisa e a non temere la solitudine: anzi, ad affidarsi ad essa per trovare quell'appagamento spirituale che più di ogni altra cosa può soddisfare la natura umana. Rinunciando apparentemente a qualcosa (e fra le varie cose alle proprie paure) si farà lo spazio necessario per ottenere qualcosa di più vero e prezioso.

domenica 23 febbraio 2014

'AY'a'eL (dal 19 al 24 febbraio)



 aleph-yod-ayin

(Da 30° dell’Acquario a 5° dei Pesci)
Coro degli Angeli lunari

L'Angelo dell'isola del tesoro
"IO VEDO AL DI LA' DELLE APPARENZE"

CHIAVI: Protezione contro la rassegnazione. Lungimiranza. Desiderio inesauribile di conoscenza. Saggezza. Grande energia interiore. L'amore per la contemplazione. L'amore delle vette. Saper comunicare le proprie conoscenze al prossimo attraverso il proprio lavoro.

COSA TI CHIEDE? Quante cose al giorno fai per il "mondo" e quante per il tuo universo?

"Questa è la parte di te che può essere se stessa solo in cima a una montagna o in mezzo al deserto, lontano da tutto , e solo se ha il coraggio di cercare questa solitudine, trova i veri amici e i grandi amori. Cercala negli altri, perché sei tu.
Voi siete onnipotenti. E avete già tutto per accorgervene. Trovi le altre parti di te negli altri: se sai esserle tutte ed equilibrarle, è una gioia, è un capolavoro. Unica armonia. Perciò è detto: ama gli altri come te stesso."

Igor Sibaldi - L'arca dei nuovi maestri

sabato 15 febbraio 2014

DaMaBiYaH dal 10 al 14 febbraio 2' parte


Una bellissima nave ferma al molo: potrebbe salpare, anzi dovrebbe, e al più presto, perché non c’è docks e negli uffici del porto.Somiglia a un incubo, sì. E i Damabiyah lo conoscono bene, proprio come i loro quasi gemelli, gli Yeyay’el dei Troni. Sia gli uni sia gli altri devono o hanno dovuto superare quell’incantesimo, per scoprire le loro autentiche qualità e possibilità immense. E che cosa fa più paura: uscire dal porto e abbandonare tutto ciò a cui si era fatta l’abitudine, oppure reggere all’emozione che suscitano il mare profondo, l’orizzonte piatto, la notte senza luci umane intorno? Per i Damabiyah, questa scelta diventa facilmente motivo di panico. Ma la profondità e l’immensità che tanto li terrorizzano sono, naturalmente, in loro stessi: il mare è soltanto l’immagine delle loro potenzialità e della potenza dei loro sentimenti – che sentono essere sconfinate – e del loro meraviglioso desiderio di libertà, che, non appena vi pensano, sembra accellerare in loro come l’inerzia di chi stia precipitando. Non osano fidarsene, e non per viltà, si badi, ma per una specialissima forma di avarizia. Il fatto è che non vogliano spendersi. Amano troppo se stessi: le acque del porto sono per i Damabiyah come lo specchio d’acqua in cui si contemplava Narciso. In alto mare e in altri continenti – negli occhi di altra gente, nel cuore di qualcun altro – troverebbero magari molte cose interessantissime, ma dovrebbero rinunciare a quelle infinite sfumature di tenerezza che provano a casa loro, quando contemplano i propri occhi, il proprio cuore, nella loro cornice consueta: le abitudini, la famigliola, gli amici… «Chi si volta indietro non è degno del Regno dei cieli», ammoniva Gesù. I Damabiyah lo sanno, e sospirano in porto.
nulla qui intorno che le possa servire, mentre al di là dell’orizzonte troverà terre nuove e ricchezze. Ma per qualche strano incantesimo la nave rimane qui: il capitano ha terrore dei naufragi e, neanche a farlo apposta, tutte le volte che la nave si è avventurata al largo c’è stato qualcosa che non andava, ed è dovuta tornare precipitosamente. I mesi, gli anni passano. La nave rischia di diventare un monumento alle occasioni perdute, un monito a chiunque la veda: «Non fate come me!» E l’equipaggio vive di piccoli lavori nei 
Abilissimi nel costruirsi appositamente lacci e ricatti, possono elencarvi mille motivi per non partire. Incostanza, voglia di raccoglimento, ripugnanza per la praticità, stravaganze, volubilità, insufficiente approvazione e incoraggiamento da parte di parenti o maestri, manie, superstizioni, rancori, sensi di colpa, doveri, affetti, crediti, debiti, promesse… Ma sono soltanto pretesti. E c’è di peggio: per impedirsi di uscire in mare ricorrono anche ai plagi, proprio come gli Yeyay’el, e sono altrettanto bravi nello scegliersi partner che li incatenino. Mobilitano al contempo tutta la loro agilissima, cavillosa e testarda intelligenza, per non lasciarsi aprire gli occhi da nessuno sul danno che stanno facendo a se stessi.
In compenso, durante la loro vita in porto possono diventare ottimi arredatori, cultori della tradizione ed esperti di tutti i meandri dell’anima domestica o addomesticata. Tra i più celebri Damabiyah non salpati si annoverano Boris Pasternak, che nel Dottor Zivago narra appunto di un eroe che non seppe salire sulle navi che gli offriva il destino; Georges Simenon, con la sua splendida galleria di crimini fatti in casa, di case-trappole mortali, di vite vissute e distrutte tra i muri; Edison, che guarda caso inventò proprio l’oggetto che sarebbe divenuto più indispensabile nelle case di tutto il mondo, la lampadina elettrica, e varie altre apparecchiature celebri come il fonografo, il telegrafo duplex e il microtelefono, che hanno reso i nostri porti personali un po’ più ameni e hanno permesso di comunicare con il resto del mondo senza doverne per forza uscire.
I Damabiyah, invece, che sono riusciti a spezzare la propria linea d’ombra e a prendere il largo, mostrano spesso la tendenza a distruggere qualche simbolo di prigionia, di immobilismo, come per celebrare meglio la propria vittoria sulla parte di se stessi che avrebbe voluto restare: così, il Damabiyah Abramo Lincoln, che scatenò una guerra civile per abolire la schiavitù; o Brecht, che per tutta la vita lottò contro gli aspetti damabiani della società capitalistica; e soprattutto Darwin, che per elaborare le sue teorie decise di salpare (guarda caso!) per un viaggio attorno al mondo, e in cinque anni di navigazione escogitò per l’appunto la dottrina dell’evoluzione, cioè dell’universale necessità di non fermarsi a quel che già si ha e si è. Lincolniani, brechtiani e darwiniani, a quel che ho potuto constatare, sono in un modo o nell’altro tutti i Damabiyah che abbiano saputo scoprire la profondità delle passioni e l’odio dei limiti: che ci siano riusciti rompendo con la famiglia, o divorziando, o licenziandosi da un lavoro che li abbruttiva, una volta spiegate le vele si fanno un dovere di predicare su grande o su piccola scala la liberazione da qualcosa. Sono magnifici insegnanti, godono nell’essere esempi, hanno la vocazione del Principe Azzurro: e il mondo è talmente pieno di Belle Addormentate.
  Igor Sibaldi - Libro degli Angeli

Damabiah, o Damabiyah
, è il 65esimo Soffio, primo raggio angelico nel Coro lunare degli Angeli Angeli guidato dall’Arcangelo Gabriele, nel quale governa le energie di Urano. Il suo elemento è l'Aria; ha domicilio Zodiacale dal 20° al 25° dell'Acquario ed è l’Angelo Custode dei nati fra il 10 e il 14 febbraio. I sei Angeli Custodi dell'Acquario, collettivamente, ispirano ai loro protetti amore per la natura, idealismo, apertura mentale, interesse per le innovazioni.
Il nome di Damabiah significa “Dio fonte di saggezza”.

Il dono dispensato da Damabiah è SAGGEZZA ILLIMITATA.
Nel Testo Tradizionale Damabiah è indicato come Fonte di ogni Saggezza che trasmette al suo protetto un flusso continuo che, nell’animo di quest’ultimo, diventa Amore e si esprime all’esterno sotto forma di Bontà. Combatte i sortilegi, le maledizioni e le maldicenze. Se agisce come Custode trasforma costantemente il Male in Bene proteggendo il suo assistito da ogni cattiveria o negatività. i suoi nemici urteranno contro un invisibile muro protettivo.
Dona ricchezza e fortunato esito nelle attività aventi attinenti all'Acqua (sorgenti, fiumi, mari) e ai Sentimenti. Dice Haziel che Damabiah dispone di una sorta di tubo catodico capace di captare, nell’area che circonda i suoi protetti, tutto ciò che è affine alla loro struttura mentale, e di metterlo a disposizione della persona stessa: di conseguenza, allorché l'angelo è attivo (perché custode o perché invocato), il soggetto si sentirà lieto in seno a un gruppo di amici, ove lavorerà sereno, in un sodalizio caratterizzato da serena convivialità; il lavoro d'équipe porterà a risultati decisamente positivi. Un problema può nascere se la persona va alla ricerca per deliberato proposito di esperienze individuali, ma al contempo si vede costretta a lavorare (anzi, a vivere) nell’ambito di una comunità: in tal caso l'esito sarà meno brillante, giacché diventerà operativo un influsso in apparenza simile, ma in realtà diametralmente opposto (quello cioè esercitato dall’Angelo dell’Abisso). La persona sarà portata a meditare sul significato delle cose e degli eventi e dunque a professioni quali il docente, il filosofo, l’inventore.
Qualità di Damabiah e ostacoli dall'energia "avversaria"

Le qualità sviluppate da Damabiah sono saggezza e diplomazia, anelito alla conoscenza; tendenza all'approfondimento. Spontaneità e vivacità di spirito, intuizione dei Mondi Superiori, amore e rispetto per l’Acqua.
L’Angelo dell’Abisso che contrasta Damabiah si chiama Elaphon e rappresenta i sortilegi e l'incredulità. Ispira tempesta e naufragio emozionali e fisici, confusione dei sentimenti. Causa tutto ciò che di dannoso sia collegato al mare e ai fiumi: tempeste, naufragi, alluvioni.
Meditazione associata al Nome: Timore di Dio
La meditazione associata a Damabiah si chiama "timore di Dio"inteso come coscienza di quanto tutto sia connesso: maltrattare qualcuno è come infilare le dita in una presa elettrica, venendo colpiti da una scarica che altrimenti non ci avrebbe danneggiato. Non è dunque l'energia elettrica che va temuta, ma l'azione che ci può mettere in contatto pericoloso con essa; il "timore di Dio" è la coscienza delle conseguenze future delle nostre azioni.
Secondo la Kabbalah questo Nome fornisce il potere di valutare attentamente le cose nella loro realtà.
Meditazione: ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione: nel mio cuore prendo coscienza della scintilla divina presente in ogni essere. Percepisco la conseguenza di ogni parola e di ogni azione, comprendo che condividere con gli altri fornisce anche a me precise conseguenze dirette.




giovedì 13 febbraio 2014

DaMaBiYaH dal 10 al 14 febbraio



DaMaBiYaH daleth-mem-beth


(Da 20° a 25° dell’Acquario)
Coro degli Angeli 

L'Angelo dell'esitazione
"CIO' CHE POSSO DARE E' CHIUSO IN CASA"

CHIAVI: Protezione contro i naufragi. Protezione contro la servitù. Successo in luoghi lontani. Fortuna nelle scoperte.

COSA TI CHIEDE: Chi, intorno a te, sarebbe contento se tu non partissi?

"E' la parte di te che vivrebbe altrove. Potrebbe, può; splenderebbe altrove. Ma teme la gioia. Cerca amici, amanti, nemici, padroni che gli leghino la sorte. Si avvolge nei loro sortilegi, per paura che la sua gioia cambi il mondo. La vertigine la stordisce appena si eleva al di sopra di ciò che già sa e ha. parte e vuole subito precipitare."

Igor Sibaldi - L'arca dei nuovi Maestri

sabato 8 febbraio 2014

MeHiYe'eL (dal 4 al 9 febbraio) 2' parte

La Terra vista dalla Luna
Mehiy, in ebraico, significa «colpo», «gesto deciso» che separa, allontana, o che viceversa avvicina mehiy’ath, «l’applauso», il battere i palmi l’uno contro l’altro. E certamente i Mehiy’el sono persone che vogliono far colpo, bisognose come pochi altri del plauso della gente. Si segnalano anche per i loro periodici colpi di testa, per l’impulsività nell’unire e nel dividere, nel trarre conclusioni, nel dare giudizi. Tale inclinazione deriva loro da un pessimo rapporto tra la mente e l’istinto. Bravissimi nel ragionare, nel distinguere, nell’orientarsi all’interno di schemi precisi, temono invece tutto ciò che proviene dal profondo e che si muove, laggiù, in vaste correnti che a loro appaiono soltanto misteriose, imprevedibili: vogliono, vorrebbero imporre un controllo razionale anche agli impulsi del cuore e del resto del corpo; hanno o vogliono avere la sensazione di esserci riusciti, e puntualmente l’istinto prende invece il sopravvento quando meno se lo aspettano, o talvolta addirittura senza che se ne accorgano. Non sono rari, infatti, i casi di Mehiy’el che si impegnano a convincere chiunque, e anche se stessi, dell’assoluta logicità di qualche loro comportamento che, considerato con un minimo di obiettività, risulta invece assai irrazionale. Somigliano allora a bambini che dicono le bugie, con l’unica differenza che i bambini sanno di dirle e loro no: soltanto il loro cuore lo sa, ma allora più che mai lo mettono a tacere. Quanto poi al bisogno d’approvazione, va da sé che sia determinato dall’insicurezza, dai dubbi che i Mehiy’el sopprimono (bruscamente, di nuovo) in se stessi: e diventa perciò un bisogno di vedere approvata l’immagine che vogliono dare di sè, e non la loro personalità autentica – il che, comunque vada, li lascia sempre profondamente insoddisfatti, e con un sempre più inappagato bisogno di conferme.
d’un tratto – da cui
Nella letteratura, e ancor più nel cinema, questo tipo di personalità ha avuto enorme fortuna, proprio grazie ad alcuni Mehiy’el applauditissimi che seppero intuire quelle loro particolarità e prenderne la distanza necessaria a raffigurarle ironicamente: Charles Dickens ne Il circolo Pickwick; Jack Lemmon in A qualcuno iace caldo,L’appartamentoIrma la dolce; François Truffaut nei film dolceamari dedicati al personaggio quanto mai mehieliano di Antoine Doinel (I quattrocento colpiBaci rubati) e in L’uomo che amava le donne.
Nella realtà, quel conflitto tra ragione e istinto rischia di avere conseguenze assai meno dolci o divertenti. Dall’istintualità non traiamo soltanto l’energia delle nostre passioni, ma anche il gusto e il significato di esse; è istintivo ridere, gioire, sperare, aver paura e vincere la paura, prendere sul serio e giocare; e quando tutto ciò è troppo a lungo sottoposto a controllo, comincia a indebolirsi il senso stesso dell’esistenza, e si aprono nella coscienza varchi di panico davvero temibili. Qualcosa del genere dovette causare la triste fine del Mehiy’el James Dean, e determina in tanti suoi fratelli d’Angelo crisi professionali e famigliari angosciose. Serva da monito la vicenda del Mehiy’el Charles Lindbergh, che nel 1927 trasvolò per primo l’Atlantico. Trenta ore ai comandi del suo aereo, mentenendo un perfetto controllo sul corpo e sulla mente, sopra un oceano minaccioso: cosa potrebbe esservi di più mehieliano? E di lì a poco il bambino di Lindbergh venne rapito, per estorcere un riscatto, e morì durante il rapimento. La notizia produsse in tutto il mondo quella straordinaria impressione che solo certi avvenimenti simbolici arrivano a suscitare: come era avvenuto per Dedalo e Icaro, allo slancio tecnologico, iperrazionale di un uomo verso il cielo faceva seguito un tremendo colpo (mehiy!) vibrato ai suoi affetti più profondi. Nei Mehiy’el ciò che l’iperrazionalità mette davvero e sempre in pericolo è il bambino interiore: è questo che rischiano di perdere, quanto più si sentono ai comandi del piccolo velivolo della loro mente. Proprio perciò, probabilmente, due dei Mehiy’el illuminati che ho citato, Dickens e Truffaut, seppero trovare il modo e il sentimento per dedicare tanta della loro opera ai bambini – da Oliver Twist Gli anni in tasca, da La bottega dell’antiquario Il ragazzo selvaggio –, schivando così la peggiore minaccia d’infelicità che incombe sui protetti di questo Arcangelo.
Provvedano a fare altrettanto – negli affetti, nella giocosità, nel tempo libero – i Mehiy’el che il destino porta in alto. Salire per loro non è difficile, devono solo badare a chi e alla parte di loro che rimane a terra. L’ascesa professionale l’avranno, garantita, in qualsiasi professione intellettuale: nell’editoria, nell’ingegneria, in ogni lavoro in cui si tratti di mostrare originalità rimanendo tuttavia ligi a regole, alla tradizione o alle leggi (grandi cuochi, avvocati, notai eccetera). Ottima, poi, sarebbe l’idea di dedicarsi a una qualche attività politica, in cui, com’è noto, non guasta una certa propensione a dire o a mascherare bugie (e quanto a eventuali, autodistruttive irruzioni dell’istintualità repressa, un buono staff di collaboratori potrebbe occuparsi di prevenirle)Mehiy’el politici per passione o professione furono Ugo Foscolo, Papandreu, Fanfani, Reagan e persino Mastella; se poi dovesse capitare un Mehiy’el politico che difendesse i diritti dei minori, non si potrebbe che ringraziare la Provvidenza e ammirarne il sicurissimo successo. Quanto alle bugie, nulla impedisce che i Mehiy’el più creativi le trasfigurino fino a farne capolavori d’invenzione, specialmente se il loro bambino interiore li aiuterà in tale intento. Vi è un precedente illustrissimo: Jules Verne, il quale tra l’altro, oltre a proiettarsi in cielo, in Dalla terra alla luna, ebbe l’idea di scendere giù, fin nel profondo, in Viaggio al centro della terra, come per ricordare a se stesso e a tutti la necessità di equilibrare l’alto e il basso, nella loro personalità, nella loro psiche.

 Igor Sibaldi - Libro degli Angeli


Mehiel, o Mehiy’el è il 64esimo Soffio, è l'ottavo raggio angelico nel Coro mercuriano degli Angeli Arcangeli guidato dall’Arcangelo Michele, nel quale governa le energie lunari. Il suo elemento è l'Aria; ha domicilio Zodiacale dal 15° al 20° dell'Acquario ed è l’Angelo Custode dei nati fra il 5 e il 9 febbraio.
I sei Angeli Custodi dell'Acquario, collettivamente, ispirano ai loro protetti amore per la natura, idealismo, apertura mentale, interesse per le innovazioni.
Il nome di Mehiel significa “Dio che vivifica tutte le cose”.
Il dono dispensato da Mehiel è la VIVIFICAZIONE
Questo Angelo dispone di energie lunari, tuttavia egli trasmette agli individui, con la sua potenza lunare, anche le virtù mercuriane. Queste, poi, si concretizzano in azioni, diventando avvenimenti e situazioni. Dona ai suoi protetti spiccate doti di logica e razionalità; ispira loro esempi ed immagini con cui spiegare sapientemente qualsiasi cosa. Secondo Haziel Mehiel fa in modo che la persona dischiuda e sveli la propria vita interiore. Contemporaneamente, in una forma o in un’altra, la messa a nudo della propria intimità, del focolare domestico, dell’amore materno, di tutto ciò che si colloca alla radice dei sentimenti non mancherà di arrecare grandi benefici. Questo Angelo facilita l’affermazione di quanti si specializzano nella problematica strettamente personale, nell’analisi dei sentimenti, giacché l’intelletto è proiettato verso l’interno. Capta le Acque Pure della Fonte Cosmica (che sono anche le energie del Segno Zodiacale del Cancro), materia prima per la formazione dei sentimenti, e le proietta all’esterno: collegato alle Divine Acque Cosmiche, l’intelletto produrrà comunicazioni di rara bellezza che ispireranno i poeti e le loro composizioni. I protetti da Mehiel avranno grandi attitudini alla comunicazione che li renderanno molto efficaci nell'espressione di qualunque idea, siano essi letterati, psicologi, insegnanti o giornalisti. Ma, dato che il loro angelo conduce all'esterno il potenziale sentimentale, potranno anche eccedere nella passione divenendo incostanti in amore. Il suo elemento è l'Aria; ha domicilio Zodiacale dal 15° al 20° dell'Acquario ed è l’Angelo Custode dei nati fra il 5 e il 9 febbraio.
I sei Angeli Custodi dell'Acquario, collettivamente, ispirano ai loro protetti amore per la natura, idealismo, apertura mentale, interesse per le innovazioni.
Il nome di Mehiel significa “Dio che vivifica tutte le cose”.Qualità di Mehiel e ostacoli dall'energia "avversaria"
Le qualità sviluppate da Mehiel sono grande forza creatrice morale, emozionale e fisica, purificazione interiore, pensieri e sentimenti equilibrati. Capacità logiche e comunicative. Dona persuasività con la parola, talento e gratificazione nell’ambito delle lettere e dell’insegnamento. Protegge tutte le attività e professioni connesse ai libri e all'editoria, e alla comunicazione. Protegge dalla rabbia dei nemici e (un po' anacronistico oggi...) dagli animali feroci.
L’Angelo dell’Abisso che contrasta Mehiel si chiama Darek e rappresenta l'eccessiva tendenza alle passioni. Ispira dispute sterili, animosità, controversie inutili, plagio, mancanza di creatività, instabilità sentimentale.
Meditazione associata al Nome: illuminare il meglio di sè
La meditazione associata a Mehiel si chiama "mettersi in buona luce". Secondo la Kabbalah, infatti, questo Nome fornisce lo strumento meditativo più efficace per visualizzare la propria bellezza interiore ed esteriorizzarla. Usando un'espressione cinematografica si può dire che essa sia in grado di darci la nostra "inquadratura" migliore, offrendola in primo luogo agli altri, perché poi si riveli meglio anche alla nostra coscienza. Meditazione: ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione: il mio essere è meravigliosamente illuminato, soffuso della radiosià del Creatore. Tutti, intorno a me, vedono gli aspetti belli e positivi del mio vero Sè, in opposizione all'immagine distorta proiettata dal mio Ego.

Esortazione angelica
Mehiel esorta a mettere il proprio talento al servizio della vita, usando le proprie qualità di leader per operare nel mondo con coraggio e Amore, nell'interesse di tutti.


MeHiYe'eL (dal 4 al 9 Febbraio)

 mem-heth-yod

(Da 15° a 20° dell’Acquario)

Coro degli Arcangeli

L'angelo degli impazienti
"IO COMPRENDO LE NORME E LE INDICO"

CHIAVI: Protezione contro la rassegnazione. Grande abilità nel discorrere, nel ragionare, nel convincere. Protezione contro la menzogna. Protezione contro il timore degli istinti e dei sentimenti.

COSA TI CHIEDE: Qual'è il tuo programma da qui ai prossimi trent'anni?

"In questa parte di te la testa vuol comandare tutto il corpo, e tu vuoi comandare gli altri. Ma non sai esattamente cosa comandare, e perciò sei scontento. In realtà comandi solo alle tue parole: ma così le parole comandano te.
E' una parte cupa. Irradia orgoglio, ambizione e calunnia. Ma non puoi interpretare neanche le previsioni meteorologiche, se non riconosci e non usi questa parte in te. E appena ti accorgi di lei il tuo corpo diventa una straordinaria ricchezza. Il vigore si moltiplica, si ribella alla testa tiranna."

martedì 4 febbraio 2014

'ANaWe'eL (dal 30 gennaio al 4 febbraio) 2' parte

Vasto, esigente, impetuoso, l’Arcangelo ‘Anawe’el impone talenti talmente impegnativi, che la maggior
parte dei suoi protetti ne rimane sgomenta e addirittura paralizzata a lungo. Da un lato, gli ‘Anawe’el si scoprono, fin dall’infanzia, animati da un’intensa spiritualità, da alti ideali di purezza, bontà, abnegazione, e dal desiderio di una felicità libera e profonda, per sé e per tutti; dall’altro, si accorgono sempre più chiaramente di desiderare e di saper accumulare la ricchezza materiale – che secondo tutte le nostre grandi religioni, almeno da qualche millennio a questa parte, è notoriamente incompatibile con le elevate aspirazioni spirituali dell’individuo. Ma non solo: crescendo, gli ‘Anawe’el avvertono in sé anche una tumultuosa aggressività, una vera e propria carica di violenza guerriera, e al tempo stesso un’indubbia Energia “terapeutica” – il bisogno cioè di capire, curare, interpretare i mali altrui. E infine, a complicare ulteriormente la situazione, si aggiunge una prepotente vocazione, se non proprio al potere, perlomeno al ruolo di leader, di personaggio pubblico, che impedisce loro di tenersi per sé le proprie contraddizioni: «Risolvile!» sembra ordinare loro l’Arcangelo che li protegge, «e mostra alla gente come si possa uscire da un simile labirinto!»
A lungo, dicevo, molti ‘Anawe’el tentano di cavarsela reprimendosi, mantenendo cioè le loro forze al più basso livello possibile, che riduca allo stato di latenza almeno una parte di quei loro talenti. Ma è come cercare di nascondere tigri e leoni nell’armadio. Fremono, tumultuano. Quei talenti repressi producono in loro disturbi d’ogni genere, fisici o psichici; danneggiano, anche, le scelte principali della vita – nella professione, nei sentimenti – come se non volessero permettere agli ‘Anawe’el nessuna vera realizzazione, fino a che non avranno fatto i conti con tutti i compiti che sono stati loro affidati.
Fare quei conti è molto difficile, sì, ma non impossibile. Si tratta di accettare l’idea d’una vita strapiena ed entusiasmante: il conflitto tra la spiritualità e l’amore per la ricchezza, per esempio, si può risolvere lasciando che l’abilità finanziaria agisca (e metterla in moto è per gli ‘Anawe’el una gioia indicibile), e accumulando capitali non per sé stessi, ma per qualche impresa utile a molti. E se l’Energia “terapeutica” avrà preso la forma della vocazione per la medicina, l‘Anawe’el creerà cliniche, ospedali o finanzierà coraggiosamente le proprie ricerche; se invece avrà preso la forma d’una vocazione teatrale, l’‘Anawe’el diverrà una star estremamente combattiva, e appunto come tale potrà favorire iniziative benefiche o sostenere forti e luminosi ideali. Quanto all’aggressività guerriera, può tornare utile anch’essa, come impeto per estendere sempre di più la propria sfera d’azione: per superare resistenze  e ostacoli, e infondere vigore nei propri collaboratori. È un programma troppo ambizioso? Sì, per un io che tema di mettersi in gioco e che si preoccupi di se stesso – della propria purezza, bontà e mitezza – più che del benessere del suo prossimo. Qui infatti è la chiave: ciò che può frenare o complicare le immense possibilità degli ‘Anawe’el è soltanto l’egoismo, che rimane tale anche quando si maschera di modestia o umiltà. Una volta che siano riusciti a eliminarlo alla radice, nulla e nessuno li fermerà più.
Ma tengano presente, gli ‘Anawe’el, che non verrà loro perdonato nessun compromesso. Come sappiamo, ogni Angelo trasforma in rischi o difetti le qualità che i suoi protetti hanno avuto in sorte e che non usano: e l’Arcangelo ‘Anawe’el non solo non fa eccezione, anzi, si segnala per speciale durezza. L’‘Anawe’el Franz Schubert, per esempio, volle vivere ritirato, dedito soltanto alla sua dolcissima musica, e più volte gli capitò, tutt’a un tratto, di abbandonarsi a eccessi di violenza, quando in qualche locale pubblico qualcosa gli dava ai nervi. Il presidente americano Roosevelt – ‘Anawe’el anche lui – usò magnificamente i suoi talenti di leader, di economista, di promotore di ideali e di stratega, salvando l’America dalla Grande Depressione e contribuendo a salvare il mondo dal nazismo: ma trascurò la sua Energia “terapeutica” e fu poliomielitico. Clark Gable fece capolavori con la sua Energia “terapeutica” nel cinema, impiegò la propria aggressività come carburante per la conquista del successo, affascinò le folle, accumulò moltissimo denaro, ma trascurò la componente altruista e fu tormentato per decenni da un’avarizia ossessiva nevrotica, ossessiva. Un ‘Anawe’el felice fu invece Rabelais, che fece proprio tutto: dapprima francescano, poi medico, poi curato (ovvero ricco leader locale, alla sua epoca) e al tempo stesso maestro di pensiero del Rinascimento francese, e narratore, guarda caso, di storie di titani irruenti, come Pantagruel e suo padre Gargantua.
Conviene dunque rimboccarsi le maniche e non intimidirsi dinanzi a nessun lato di se stessi. Ai giorni nostri, ciò che più frena gli ‘Anawe’el è probabilmente il timore che nutrono verso gli elementi aggressivi del loro carattere (e che appaiono loro tanto più agghiaccianti quanto più li reprimono); ma sarebbe relativamente semplice placarli: sfogandoli per esempio in qualche arte marziale, o nel tiro con l’arco. E semplicemente rendendo omaggio in tal modo, un paio di volte a settimana, a quel loro animal spirit, otterrebbero l’effetto di rischiarare l’orizzonte delle proprie profonde esigenze e vocazioni: perché non provare? Poi si potrebbe proseguire risvegliando l’Energia Yod, e poi approvando e cominciando a mettere all’opera la propria voglia di ricchezze, e poi tutto il resto verrà certamente da sé.
 Igor Sibaldi - Libro degli Angeli
Anauel, o Anawe’el è il 63esimo Soffio; è il settimo raggio angelico nel Coro mercuriano degli Angeli Arcangeli guidato dall’Arcangelo Michele, nel quale governa le energie di Mercurio. Il suo elemento è l'Aria; ha domicilio Zodiacale dal 10° al 15° dell'Acquario ed è l’Angelo Custode dei nati fra il 31 Gennaio e il 4 febbraio. I sei Angeli Custodi dell'Acquario, collettivamente, ispirano ai loro protetti amore per la natura, idealismo, apertura mentale, interesse per le innovazioni.
Il nome di Anauel significa “Dio infinitamente buono".
Il dono dispensato da Anauel è l'UNITA', con la percezione di essere UNO, parte indivisa nel TUTTO.
Collaboratore più prossimo dell’Arcangelo Michele (che governa il suo Coro), e angelo mercuriano in un Coro mercuriano, Anauel è "messaggero degli Dei" per definizione; si potrebbe dire che "capta" tutti i messaggi diretti agli Angeli, li media e li distribuisce (tramite le forze lunari governate da Mehiel).
Dice Haziel che Anauel pone in evidenza l’aspetto Celeste che ciascuno reca in sé, pur in un tipo di esperienza esistenziale che dà grandissima parte agli aspetti pratici, materiali, e anche collegati al guadagno. La potente azione mercuriana di Anauel, infatti, ne fa un'energia molto collegata all'estrinsecazione delle ricchezze e anche alla capacità di dare eco (attraverso i mezzi di comunicazione) alle idee e attività delle persone; i suoi protetti possono dunque essere portati a guadagnare molto denaro.
Sempre secondo Haziel questo Angelo mette in azione nel modo più compiuto le energie di Michele, portando all'esteriorizzazione il pensiero del'individuo una volta che questo sia maturo per esprimersi positivamente; purché, ovviamente, ciò sia compatibile con la spirale evolutiva delle persone. Questo processo può trovarsi in una fase di blocco, a causa di errori commessi in vite precedenti: in questo caso, dice Haziel, la preghiera consapevole ad Anuel può sbloccare la situazione in modo molto determinante. I protetti di Anauel sono infine favoriti negli incontri con persone mosse da motivazioni analoghe alle loro, con cui unirsi per realizzare le proprie aspirazioni: cioè con uomini o donne che si trovano in un "programma evolutivo" simile, che si sentiranno indotti a unire le forze per sviluppare insieme le loro esperienze.
Qualità di Anauel e ostacoli dall'energia "avversaria"
Le qualità sviluppate da Anauel sono sensibilità, generosità, amore universale, tolleranza, capacità di offrire mutuo soccorso; logica e capacità comunicative; spiccate capacità commerciali. La preghiera all'angelo dona protezione dagli incidenti e guarigione nelle malattie, pace, guadagni materiali.
L'angelo dell’Abisso a lui contrario si chiama Toxai; rappresenta falsa saggezza e rovina materiale. Infonde egoismo, incontentabilità, ispira tutti coloro che si rovinano con le proprie mani, perdendo pace, benessere e salute a causa di comportamenti sbagliati.
Meditazione associata al Nome: apprezzamento
La meditazione su questo Nome si fonda su una premessa importante: tutto quello che diamo per scontato perde valore ai nostri occhi; per questo un bicchier d'acqua non vale niente, ma se l'acqua ci mancasse tutto l'oro del mondo non basterebbe a pagare quel sorso che ci salva; lo stesso vale per la salute, la sicurezza delle persone care eccetera. E' solo diventando coscienti dell'apprezzamento dovuto alle cose più banali che diventiamo davvero ricchi. Meditazione: ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione: percepisco la gratitudine e l'apprezzamento per ogni cosa che mi è concessa. Pervaso da questa consapevolezza comprendo tutte le ricchezze che benedicono la mia vita e mi sento ricco.
Esortazione angelica
Anauel esorta a riconoscere il valore delle richhezze su tutti i piani e ad operare per moltiplicare le ricchezze spirituali nella Società.



lunedì 3 febbraio 2014

'ANaWe'eL (dal 31 gennaio al 4 febbraio)

 ayin-nun-waw 
Da 10° a 15° dell’Acquario
Coro degli Arcangeli

L'Angelo dell'audacia
"NELL'ASPETTO MATERIALE DELLE COSE E' IL NODO CHE DEVO SCIOGLIERE"

CHIAVI: Saper accumulare denaro per realizzare grandi imprese. Talento finanziario. Guarire i malati. Lungimiranza. Carisma. Protezione contro la violenza.

COSA TI CHIEDE: Ti capita di pensare "Non ce la farai?"

"E' la parte di te che vive per guadagnare enormi somme di denaro: ma non per sé. Ed è nata per attirare l'attenzione della gente: ma non su di sé. Per riuscirci deve imparare a considerarsi solo un mezzo. Da quando smette di voler salvare se stessa, sboccia e muove l'interesse di molti e fiumi di denaro verso grandi cose. Se non ricomincia a occuparsi di sé, è perfetta.
I raggi di una stella vanno tutti in direzioni opposte, e in questo voi siete proprio come le stelle. Questa è la parte che in voi genera ricchezza e successo. Se non la vedi, genera solo aggressività o bisogno di consolarsi. La vedi?"

Da Igor Sibaldi - L'arca dei nuovi Maestri