venerdì 29 novembre 2013

DaNiY'eL (dal 28 Novembre al 2 Dicembre) 2' parte

La scala di Giacobbe di William Blake (28 novembre 1757)
Dn, in ebraico, è una radice che significa «giudicare», ma in base a un’idea di giustizia lievemente Dn, invece, è il valutare le azioni in base alle loro conseguenze: la lettera daleth indica, in geroglifico, «la capacità di separare, di distinguere», e la nun «i risultati dell’agire ». Si tratta dunque di un modo più realistico di fare chiarezza, di comprendere i comportamenti umani; dal punto di vista, poi, di chi ha compiuto o subito un’azione sbagliata, dn fa balenare anche un’idea diversa del perdono. Per noi, infatti, perdonare qualcuno significa sostanzialmente rinnegare, nel suo caso, i principî di giustizia, dimenticarli o ritenerli meno importanti dell’individuo (e il rischio è, naturalmente, che a forza di perdonare in tal senso, quei principî finiscano con l’indebolirsi); mentre nel dn è inclusa anche l’idea che si debba sempre «separare» l’individuo dalle azioni che ha commesso: e che dunque chi ha rubato non sia per ciò stesso un ladro, ma semplicemente uno che a un certo punto ha commesso un furto; e, allo stesso modo, che chi ha sbagliato vita non sia un fallito, e chi ha patito un torto non sia una vittima, e via dicendo.
diversa da quella che solitamente pratichiamo noi. Noi riteniamo che sia già gran cosa riuscire a pesare e punire, o premiare, le azioni in base a certi principî che la maggioranza ritiene validi. 
Dayan, «giudice», diventerebbe insomma colui che, dopo aver analizzato qualche guaio, ha il dono di dire a chi vi era coinvolto: «Ecco, è passata, sei di nuovo tu: ora puoi vedere meglio, imparare da ciò che è avvenuto e ricominciare in un altro modo». E i Da niy’el hanno precisamente questo potere, e possono trarne grande vigore, ispirazione e gioia.
Sono per loro natura saggi e sensibili, avidi di verità e altruisti: mentre la maggioranza degli uomini si ritrae inorridita o disgustata dinanzi agli errori o ai guai di un loro simile, i Daniy’el ne sono attratti per vocazione, sentono il profondo impulso a sciogliere i lacci che legano il futuro altrui, come se quel futuro fosse il loro. Brillano dunque in qualsiasi campo dell’assistenza: come operatori sociali, specialisti della riabilitazione, educatori in scuole difficili; talvolta diventano una benedizione anche come psicologi, benché non dispongano di una specifica Energia Yod. Ma, a parte questi loro ambiti più appropriati, vale sempre la regola secondo cui quanto più uno scopre e sviluppa le doti del suo Angelo, tanto più si estende il suo campo d’azione: e, quindi, quale che sia la professione di un Daniy’el, la scoperta e lo sviluppo dei suoi impulsi a migliorare la sorte altrui non potrà che accrescere la sua fortuna. Era Daniy’el Friedrich Engels, che trascurò la sua florida ditta per togliere dalle ristrettezze economiche Karl Marx e finanziare la diffusione delle sue opere: ed elaborò insieme con lui la più celebre delle ideologie moderne in difesa degli sfruttati e il miglior sistema – a tutt’oggi – di scindere e analizzare le componenti e le forze di una società ingiusta. È Daniy’el anche Woody Allen, che nelle sue opere analizza lui pure, meticolosamente, le dinamiche dei lacci psicologici e morali che imprigionano la personalità dell’individuo civilizzato, apparentemente normale.
E individuare un laccio, nella vita interiore come anche nella società, vuol già dire aver cominciato a sciogliersene: il dn si basa su quella fondamentale legge del limite, per la quale nessuno che abbia visto un proprio limite ne rimane davvero bloccato, poiché sarebbe stato impossibile vederlo se non si fosse già giunti più in là di esso. Perciò i «giudizi» dei Daniy’el hanno sempre un effetto corroborante: alita dalle loro analisi lo slancio di una nuova voglia di vivere, di nuove speranze, oltre che la viva percezione di una vittoria morale, magari su noi stessi, quando vediamo che qualche nostra sconfitta è dipesa soltanto da un nostro comportamento errato, e (dn!) ci accorgiamo che nulla ci impedisce di comportarci altrimenti da lì in poi.
Quanto invece al delineare progetti concreti per un avvenire migliore, i Daniy’el non sono altrettanto precisi e attendibili. Il loro compito è giudicare, non costruire. Il Daniy’el Winston Churchill, per esempio, fu un’ottima guida per gli inglesi nelle loro circostanze più critiche, nella Prima come nella Seconda guerra mondiale, ma rivelò una scarsa lungimiranza nei periodi postbellici. Nella direzione del futuro, l’immaginazione danieliana sembra evaporare, come se si dissolvesse non appena i guai del presente e del passato cessano di ancorarla alla realtà; e solo in arte certe loro dissolvenze riescono meravigliosamente – nelle visioni di William Blake, per esempio, o nelle ville di Palladio. Ma tant’è: i Daniy’el consapevoli avranno comunque da fare a sufficienza, nel presente, per il bene di moltissimi.
Feroci sono invece le conseguenze di un loro eventuale rifiuto dei propri talenti. Un Daniy’el che decida di occuparsi soltanto del proprio personale benessere viene regolarmente assediato da inconvenienti, che gli faranno desiderare per sé proprio ciò che avrebbe dovuto fare per gli altri. La vita lo porrà in situazioni di sconfitta, di oppressione, di disperazione anche, tanto più dure quanto più proverà a desiderare qualcosa e a esporsi per ottenerla. Un’unica via d’uscita, assai magra, la troverebbe nel tenersi da parte in tutto, in una qualche professione-guscio, senza azzardare mai nulla, senza mai nemmeno tentare di conoscere la propria autentica personalità (perché anche questo sarebbe un desiderio, e dunque un esporsi): un po’ come la maschera che proprio Allen ama indossare nei suoi film, per esorcizzarla. Così dimesso e impaurito, il Daniy’el renitente non avrebbe che da perdersi in una qualche massa e fluire con essa, sperando che a quella massa non capiti nulla di male, o che eventualmente salti fuori un qualche Daniy’el sveglio e volonteroso a soccorrerla nelle fasi critiche.

 di Igor Sibaldi,  da Libro degli Angeli Dn, in ebraico, è una radice che significa «giudicare», ma in base a un’idea di giustizia lievemente diversa da quella che solitamente pratichiamo noi. Noi riteniamo che sia già gran cosa riuscire a pesare e punire, o premiare, le azioni in base a certi principî che la maggioranza ritiene validi. Dn, invece, è il valutare le azioni in base alle loro conseguenze: la lettera daleth indica, in geroglifico, «la capacità di separare, di distinguere», e la nun «i risultati dell’agire ». Si tratta dunque di un modo più realistico di fare chiarezza, di comprendere i comportamenti umani; dal punto di vista, poi, di chi ha compiuto o subito un’azione sbagliata, dn fa balenare anche un’idea diversa del perdono. Per noi, infatti, perdonare qualcuno significa sostanzialmente rinnegare, nel suo caso, i principî di giustizia, dimenticarli o ritenerli meno importanti dell’individuo (e il rischio è, naturalmente, che a forza di perdonare in tal senso, quei principî finiscano con l’indebolirsi); mentre nel dn è inclusa anche l’idea che si debba sempre «separare» l’individuo dalle azioni che ha commesso: e che dunque chi ha rubato non sia per ciò stesso un ladro, ma semplicemente uno che a un certo punto ha commesso un furto; e, allo stesso modo, che chi ha sbagliato vita non sia un fallito, e chi ha patito un torto non sia una vittima, e via dicendo.
Dayan, «giudice», diventerebbe insomma colui che, dopo aver analizzato qualche guaio, ha il dono di dire a chi vi era coinvolto: «Ecco, è passata, sei di nuovo tu: ora puoi vedere meglio, imparare da ciò che è avvenuto e ricominciare in un altro modo». E i Da niy’el hanno precisamente questo potere, e possono trarne grande vigore, ispirazione e gioia.
Sono per loro natura saggi e sensibili, avidi di verità e altruisti: mentre la maggioranza degli uomini si ritrae inorridita o disgustata dinanzi agli errori o ai guai di un loro simile, i Daniy’el ne sono attratti per vocazione, sentono il profondo impulso a sciogliere i lacci che legano il futuro altrui, come se quel futuro fosse il loro. Brillano dunque in qualsiasi campo dell’assistenza: come operatori sociali, specialisti della riabilitazione, educatori in scuole difficili; talvolta diventano una benedizione anche come psicologi, benché non dispongano di una specifica Energia Yod. Ma, a parte questi loro ambiti più appropriati, vale sempre la regola secondo cui quanto più uno scopre e sviluppa le doti del suo Angelo, tanto più si estende il suo campo d’azione: e, quindi, quale che sia la professione di un Daniy’el, la scoperta e lo sviluppo dei suoi impulsi a migliorare la sorte altrui non potrà che accrescere la sua fortuna. Era Daniy’el Friedrich Engels, che trascurò la sua florida ditta per togliere dalle ristrettezze economiche Karl Marx e finanziare la diffusione delle sue opere: ed elaborò insieme con lui la più celebre delle ideologie moderne in difesa degli sfruttati e il miglior sistema – a tutt’oggi – di scindere e analizzare le componenti e le forze di una società ingiusta. È Daniy’el anche Woody Allen, che nelle sue opere analizza lui pure, meticolosamente, le dinamiche dei lacci psicologici e morali che imprigionano la personalità dell’individuo civilizzato, apparentemente normale.
E individuare un laccio, nella vita interiore come anche nella società, vuol già dire aver cominciato a sciogliersene: il dn si basa su quella fondamentale legge del limite, per la quale nessuno che abbia visto un proprio limite ne rimane davvero bloccato, poiché sarebbe stato impossibile vederlo se non si fosse già giunti più in là di esso. Perciò i «giudizi» dei Daniy’el hanno sempre un effetto corroborante: alita dalle loro analisi lo slancio di una nuova voglia di vivere, di nuove speranze, oltre che la viva percezione di una vittoria morale, magari su noi stessi, quando vediamo che qualche nostra sconfitta è dipesa soltanto da un nostro comportamento errato, e (dn!) ci accorgiamo che nulla ci impedisce di comportarci altrimenti da lì in poi.
Quanto invece al delineare progetti concreti per un avvenire migliore, i Daniy’el non sono altrettanto precisi e attendibili. Il loro compito è giudicare, non costruire. Il Daniy’el Winston Churchill, per esempio, fu un’ottima guida per gli inglesi nelle loro circostanze più critiche, nella Prima come nella Seconda guerra mondiale, ma rivelò una scarsa lungimiranza nei periodi postbellici. Nella direzione del futuro, l’immaginazione danieliana sembra evaporare, come se si dissolvesse non appena i guai del presente e del passato cessano di ancorarla alla realtà; e solo in arte certe loro dissolvenze riescono meravigliosamente – nelle visioni di William Blake, per esempio, o nelle ville di Palladio. Ma tant’è: i Daniy’el consapevoli avranno comunque da fare a sufficienza, nel presente, per il bene di moltissimi.
Feroci sono invece le conseguenze di un loro eventuale rifiuto dei propri talenti. Un Daniy’el che decida di occuparsi soltanto del proprio personale benessere viene regolarmente assediato da inconvenienti, che gli faranno desiderare per sé proprio ciò che avrebbe dovuto fare per gli altri. La vita lo porrà in situazioni di sconfitta, di oppressione, di disperazione anche, tanto più dure quanto più proverà a desiderare qualcosa e a esporsi per ottenerla. Un’unica via d’uscita, assai magra, la troverebbe nel tenersi da parte in tutto, in una qualche professione-guscio, senza azzardare mai nulla, senza mai nemmeno tentare di conoscere la propria autentica personalità (perché anche questo sarebbe un desiderio, e dunque un esporsi): un po’ come la maschera che proprio Allen ama indossare nei suoi film, per esorcizzarla. Così dimesso e impaurito, il Daniy’el renitente non avrebbe che da perdersi in una qualche massa e fluire con essa, sperando che a quella massa non capiti nulla di male, o che eventualmente salti fuori un qualche Daniy’el sveglio e volonteroso a soccorrerla nelle fasi critiche.
  Tratto da Libro degli Angeli di Igor Sibaldi
Daniel, o Daniy’el, è il 50esimo Soffio e il secondo raggio angelico nel Coro venusiano degli Angeli Principati, nel quale amministra le energie di Saturno. Il suo elemento è il Fuoco; ha domicilio Zodiacale dal 5° al 10° del Sagittario ed è l'Angelo Custode dei nati dal 28 novembre al 2 dicembre. I sei Angeli Custodi del Sagittario sono potenze che collettivamente fanno dei loro nati persone leali, gentili, energiche e indipendenti, capaci di gestire il potere ma anche di essere generosi con i deboli gli oppressi; orgogliosi e impulsivi, questi nati sono anche pronti a dimenticare i torti. Secondo Sibaldi i 6 angeli del Sagittario hanno anche una caratteristica specifica: sono accomunati da qualità molto simili tra loro, il che non si riscontra nelle energie angeliche di nessun altro segno zodiacale: è semmai molto raro che due Angeli dello stesso segno si somiglino. Questi 6 
Principati, invece, sembrano essere una sorta di variazione sullo stesso tema esistenziale, che Sibaldi chiama "il Castello": quello che sembra rappresentato, fra 2 torri, nel pittogramma delle 3 lettere-radice del Nome di Vehuel (il primo dei Principati). E aggiunge che i Principati, appunto, 
sono gli Angeli della Bellezza: Dante, nel pieno rispetto della Qabbalah, li colloca nel terzo cielo del Paradiso, quello di Venere. La bellezza è quel qualcosa che si coglie nelle forme, ma che supera le forme stesse: e tutti i loro protetti sembrano appunto porsi, sul piano esistenziale, come "in alto" rispetto agli altri, in quanto cercano in se stessi una forma di identità più alta, più grande del semplice «io». Se per moltissimi che si accontentano di appartenere a un qualche «noi» (nazione, squadra, azienda, famiglia, religione, razza) l’«io» non è ancora nemmeno considerato, e per molti altri ancora l’«io» è un punto di arrivo (già riuscire a essere se stessi è una grande conquista), per i nati sotto questi angeli l’io è addirittura una porta (la Hé!), l’inizio di una via, oltre la quale sono impazienti di avventurarsi. Perciò il «noi» può annoiarli e opprimerli, così come fermarsi alla semplice accettazione e soddisfazione dell’«io». 
Il nome di Daniel significa “Segno di misericordia"

Il dono dispensato da Daniel
 è l'ELOQUENZA e la CAPACITA' DI PERSUASIONE.
Con questo dono non si intende la capacità di fare uso di parole altisonanti o di frasi ricercate ma, al contrario, la capacità di esprimersi con semplicità, sapendo toccare il cuore e le emozioni; un dono che aggiunge carisma a personalità forti.
Dice Haziel che questo angelo stimola l'amore per il comando. Per il suo potere la persona sarà portata a dirigere, fruirà di rango e funzioni elevati. Parrallelamente Daniel assicura la simpatia dei dirigenti. Di conseguenza i suoi protetti non faticheranno a trovare un impiego né ad accedere a posizioni di notevole responsabilità. Tutto ciò che la personalità Daniel saprà realizzare sarà caratterizzato da una bellezza straordinaria, clamorosa, rutilante. Qualora la sua professione sia l'architetto, progetterà stabili di cospicua bellezza, ricchi di dettagli singolari, che varranno a distinguerli collocandoli a un livello decisamente superiore a quello dell'edilizia utilitaria. In effetti i nati sotto questo angelo hanno grande finezza di comportamento, discernimento e senso della giustizia, e grazie alla loro eloquenza sono anche i migliori difensori possibili; si può

Qualità di Daniel e ostacoli dall'energia "avversaria"
Le qualità che sviluppa Daniel sono concretezza; capacità di sintesi e di analisi; profondità di ragionamento e semplicità d'espressione; amore per la bellezza e l'arte. Concede i doni dell'eloquenza o del canto; carattere magnetico, capace di consolare ed aiutare gli altri: i suoi protetti infatti sono riflessivi, buoni consiglieri, portatori di armonia e di giustizia nel senso più umano del termine. Dona protezione dagli aggressori. L’Angelo dell’Abisso a lui contrario si chiama Sbarionath e rappresenta il pessimismo e il rancore. Causa intransigenza, eccessiva severità, accusa, delazione, frode. Ispira a vivere con mezzi illeciti.   
Meditazione associata al Nome: abbastanza non è mai abbastanza 
La meditazione associata a Daniel si chiama "abbastanza non è mai abbastanza"; secondo la Kabbalah infatti questo Nome offre uno strumento meditativo efficace per prendere coscienza del proprio valore e anche di quali sono le cose di cui realmente abbiamo bisogno e per cui ci dobbiamo impegnare. Comprendere che si merita di più (nel senso profondo e non delle mere acquisizioni materiali) aiuta a capire se nella nostra vita stiamo accettando compromessi che finiscono per mortificarci. A volte infatti "ci accontentiamo" nel senso che ci svendiamo, finendo per sottovalutarci e per rinunciare ad aspirare a una vera realizzazione. Meditazione • Ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione: per l'enegia di questo Nome chiedo aiuto nell'individuare i veri obiettivi per la mia felicità. I miei occhi e il mio cuore restano focalizzati tutto il tempo sull'obiettivo finale. Risveglio la perseveranza e la passione, la determinazione a non accontentarmi mai, ma proprio mai, del meno. dire che siano giudici o avvocati nati, anche se non esercitano queste professioni. Non per niente Daniel si prega soprattutto per questioni legali.
Ma sebbene venga indicato come l'angelo che "serve per ottenere la misericordia di Dio" e che "domina la giustizia, gli avvocati, i procuratori e tutti i magistrati", la sua funzione più importante è nella vita di tutti i giorni, e sta nell'ispirare in modo positivo chi, dovendo prendere una decisione importante, si sente in preda all'incertezza. Sul piano esistenziale Daniel conduce a distaccarsi dalla materia per percepire la verità nella sua essenza; ma affidarsi al suo aiuto porta anche i suoi protetti a sviluppare il dono, in loro innato, di uno spiccato sesto senso per gli affari.

Esortazione angelica
Daniel esorta a divenire giudici attenti di se stessi e del mondo, e ad esercitare tutta la clemenza, la compassione e la fiducia necessarie per sviluppare i propri talenti; con il suo aiuto invita a trarre il meglio da se stessi, dagli altri e dalle circostanze, nell'interesse di tutti. 



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