Pitagora diceva: «Non chiamatemi Maestro. Anche io sono uno studente. Non chiamate nessun uomo Maestro. Il Maestro è in voi stessi».
La vita è come un lungo viaggio turistico,dove si visitano luoghi diversi e si spende tempo e denaro illudendosi di trovare risposte,ma in definitiva si aggiungono solo esperienze ad esperienze,conoscenze a conoscenze,con il rischio di non avere in realtà appreso nulla di come andava realmente vissuta.
L'apprendimento presuppone che prima bisogna disimparare,è necessario togliere,non aggiungere. L'unica cosa che serve realmente è guardarsi dentro,abbandonare l'ottica del turista e diventare l'archeologo della propria vita,calandosi senza timore nel profondo della propria coscienza.Bisogna uscire dall'ossessione per la conoscenza esteriore e interessarsi maggiormente del proprio essere interiore.
Qualcuno potrebbe obiettare:come si fa ad essere sicuri che il percorso spirituale che si sta percorrendo sia davvero quello giusto e non un autoinganno della mente? Beh,se non si vedono delle ombre lungo la strada,si sta sbagliando sicuramente strada. Vedere le ombre significa calarsi nei propri traumi,nei condizionamenti,nelle insicurezze,significa accettare quello che la vita ci ha riservato finora. Se si ha il coraggio di osservare e mettere a fuoco queste ombre che incontriamo lungo la strada,scompariranno. Quando invece non si incontrano,allora siamo in pericolo perchè cresce in noi l'illusione di aver compreso tutto.
Il vagabondo spirituale non ha una rotta precisa,non sa dove sta andando,non fa programmi. Vive costantemente in movimento,non fugge ma non si fa afferrare da nulla,non evade dalle sue responsabilità ma non si lascia manipolare da nessun obbligo.
In questo lungo viaggio alla ricerca di se stesso,il vagabondo spirituale innanzitutto si imbatte in ciò che non è,svelando le menzogne che lo riguardano.Ogni volta che guarda in faccia la propria ombra e si cala nei propri traumi,arriva più vicino alla verità.Solo dopo questo processo di svelamento sarà per lui possibile sapere chi è veramente. Ma ciò non significa illuminarsi,nè diventare maestri spirituali, essendo qualcosa di molto personale.
Non credo nell'utilità dei cosiddetti maestri spirituali:personalmente ne ho avuti parecchi e ne ho anche adesso,ma è sempre stato un continuo abbandonare il maestro. Chiunque può essere un maestro per dieci minuti:svolti l'angolo,ti imbatti in qualcuno che che ti dice quattro sciocchezze e se lo ascolti è stato tuo maestro per cinque secondi. Però finisce lì,lo ringrazi e vai per la tua strada. Il problema è quando si diventa schiavi del maestro. La devozione per il maestro è malsana,è una psicopatologia perchè genera dipendenza,la cui radice proviene da una psiche sottomessa che ha bisogno di una figura dominante che la controlli e le dica cosa fare.E' un tema che ha a che vedere con l'autorità,con la figura del padre,con Dio,con la comodità di non farsi carico della propria vita.
Più che di maestro,parlerei di maestria.Essa è un fenomeno soggettivo,non oggettivo,perchè la maestria è dentro il discepolo,non dentro il maestro.Io non posso decidere di essere un maestro per qualcuno che non mi riconosce come tale,viceversa lo posso essere per chi ha deciso che io lo sia nonostante io non abbia fatto niente per esserlo. Avere fiducia in qualcun altro,riconoscendolo come proprio maestro, deve essere utile solo per trovare la fiducia in se stessi,per evolversi,che non significa migliorarsi (nessuno di noi è migliorabile) ma significa etimologicamente diventare sempre più complessi: e questo non è un bene nè un male ma una legge dell'Universo,che si trasforma continuamente in qualcosa di sempre più complesso.
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