domenica 27 ottobre 2013

LE CINQUE BARRIERE:

Come forse avrete letto, la prima delle chiavi di WaWuLiYaH è il DONO di saper chiedere e di saper ricevere. Quindi, chiedere e ricevere, sono QUALITA' e richiedono un SAPERE? Pare di sì!
Ho pensato, allora, che fosse una buona idea tradurre il primo capitolo di The Aladdin Factor - Il libro da cui Igor Sibaldi ha tratto l'esercizio dei 101 desideri - intitolato, per l'appunto, "LE CINQUE BARRIERE: I MOTIVI PER CUI NON CHIEDIAMO QUELLO CHE VOGLIAMO"
Eccoli qua:

( 1 ) L'IGNORANZA - non sappiamo cosa chiedere; non sappiamo che cosa è disponibile e possibile; non sappiamo di cosa abbiamo veramente bisogno o vogliamo; non sappiamo come chiedere .
( 2 ) AUTOLIMITAZIONI E CREDENZE INESATTE - Siamo programmati a non chiedere dai nostri genitori, dalla scuola, dai mezzi di comunicazione, dalle dottrine religiose , ecc. Inoltre spesso abbiamo l'erronea convinzione che "se lui/lei mi amasse davvero , non avrei bisogno di chiedere". Ora, se io non riesco a leggere la mente degli altri, come posso realisticamente aspettarmi che leggano la mia?
( 3 ) LA PAURA - La paura del rifiuto; la paura di sembrare stupidi; paura di essere impotenti (o di essere potenti e, di conseguenza, resposabili); la paura dell'umiliazione; la paura dell'abbandono o dell'invidia che potremmo suscitare
( 4 ) LA SCARSA AUTOSTIMA - Il senso di indegnità e la sensazione che le "mie esigenze" non siano importanti .
( 5) L'ORGOGLIO - La paura di apparire deboli e bisognosi; la paura del giudizio altrui; l'idea che dovremmo essere in grado di procurarci da soli ci che ci serve .

Ebbene io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto
( Vangelo di Luca 11,9-10)

sabato 26 ottobre 2013

Wewuliyah (dal 23 al 28 ottobre) 2' parte

La lettera waw è il geroglifico del limite e del nodo, e può perciò risultare antipatica; viene usata infatti in certi famosi incantesimi come il waw-waw-waw, che evoca e materializza una rete avvolgente, accalappiante, e che corrisponde al famigerato numero della Bestia, essendo waw l’antico modo ebraico di scrivere il 6. Ma con un po’ di buona volontà vi si può scorgere anche un lato luminoso: un nodo, quando lo vedi, puoi scioglierlo; e un limite è fatto apposta per essere superato, se hai il coraggio di individuarlo. Compito dei Wewuliyah è appunto scorgere e affrontare nodi e limiti, e aprirsi e aprire agli altri vie di crescita tanto faticose quanto entusiasmanti. Si adatta a ognuno di loro quel motto prediletto del Wewuliyah Pablo Picasso: «Mi ci sono voluti vent’anni per dimenticare tutto quello che mi avevano insegnato, e per cominciare a dipingere sul serio». Di altri esempi ce n’è in abbondanza: come la scultrice Niki de Saint Phalle, che dopo una lunga lotta contro i suoi incubi produsse alcune tra le opere d’arte più radiose e gioiose del XX secolo; Francis Bacon, che nei suoi dipinti sembra voler fare emergere fantasmi diwaw, per dominarli e sconfiggerli; Paganini, con le sue sfide ora ironiche ora rabbiose contro i limiti dell’eseguibilità musicale; Danton, la cui doppia waw fu la monarchia da abbattere prima, e le ghigliottine della rivoluzione poi; Erasmo da Rotterdam, che si batteva invece contro i dogmi e i vizi della Chiesa. E poi celebrità che hanno esordito impersonando proprio il tipo del giovane sfavorito dalle wawdella sorte – come Eros Ramazzotti, o Benigni. Oppure capitani d’industria abilissimi nel superare la concorrenza, come il massimo esperto mondiale del www, Bill Gates. I Wewuliyah che oggi si trovano alle prese, nella loro carriera, con qualsiasi genere di nodo, difficoltà o avversario soverchiante, sappiano dunque che si tratta, per loro, solo di una necessaria fase iniziale: una specie di «guardiano della soglia» incaricato di bloccare loro il passo, non per dissuaderli o perché ridimensionino le proprie ambizioni, ma perché accumulino propulsione sufficiente a percorrere la lunga via di vittorie che li attende più in là. Li lascerà partire di scatto al momento giusto, se perseverano – salvo poi fermarli di nuovo un po’ più su, quando occorrerà prepararli a ulteriori accelerazioni.
I rischi più evidenti per i Wewuliyah già messisi all’opera, riguardano il carattere: è possibile che il successo gli dia alla testa, e susciti in loro, da un lato, un senso di onnipotenza, di invulnerabilità, e dall’altro un costante bisogno di quell’eccitazione che solo le sfide possono dare – con conseguenti cadute d’umore vertiginose durante gli indispensabili periodi di relax. Allora possono anche diventare pericolosi sia per sé, sia per gli altri: quando per esempio cominciano a cercare emozioni nella velocità, in passatempi rischiosi, negli psicofarmaci o in altri abusi. La loro voglia di avere sempre una waw con cui misurarsi li porta anche a crearsi complicazioni nella vita affettiva, o a ingigantirne i problemi, come per il gusto di esasperare il partner: entrano in scena qui certi loro difetti caratteristici, come la suscettibilità, l’impulsività, l’autoritarismo, le tendenze manipolatorie, e anche una certa speciale, capricciosa crudeltà. Ma va da sé che i Wewuliyah non dovrebbero tollerare in se stessi simile robaccia: è solamente un colaticcio di vecchie insicurezze e frustrazioni, e d’un banale narcisismo indegno di loro.
Più interessanti sono altri due rischi, di carattere operativo, che i Wewuliyah faranno bene a tener presente fin da giovanissimi. Innanzitutto, quella che potremmo chiamare la loro waw interiore: la tentazione seminconscia di accontentarsi troppo presto di qualche risultato o progetto. È necessario che si imprimano bene in mente il seguente criterio illimitato: gli obiettivi che riescono a porsi razionalmente sono solo una piccola parte di quelli che possono davvero raggiungere. L’intuizione dei Wewuliyah è sempre più grande del previsto, e devono imparare a riconoscere i segnali con cui tale loro facoltà li esorta a guardare sempre oltre, ad maiora: brevi moti dell’animo (insofferenze improvvise), idee che balenano rapide (vanno colte al volo!), incontri fortuiti o frasi udite passando, che richiamano stranamente la loro attenzione, e anche coincidenze. È il linguaggio sottile della genialità: diventa il loro alleato e maestro più prezioso quando scoprono di essere nati apposta per intenderlo.
L’altro rischio è di carattere strategico. I Wewuliyah appartengono a quel genere di persone nelle quali (ne siano consapevoli o no) la crescita professionale si accompagna a un’evoluzione morale e spirituale: quanto più aumenta la loro fiducia in se stessi, tanto più soffocante diviene per loro l’idea di stare lavorando soltanto per il proprio benessere. Hanno un sincero bisogno di generosità, di sentirsi utili ad altri, a molti altri: non lo sottovalutino! È anche questo un loro segreto del mestiere: qualunque sia il loro lavoro, sappiano che ben presto i profitti, la grinta e perfino i colpi di fortuna potranno aumentare solo se riusciranno a trovarsi dei soci da far arricchire, o se sapranno includere tra i propri obiettivi principali anche il bene della società in cui vivono. L’idealismo dà forza ai Wewuliyah in carriera; l’egoismo può diventare invece un veleno psichico, che mina alle basi la loro forza di volontà, li svuota e toglie senso a tutto. Pessima, poi, sarebbe la tentazione (non improbabile, nei momenti in cui vien voglia ai Wewuliyah di esagerare) di mettere da parte il senso di giustizia e di combinare mascalzonate: non sono tagliati per queste cose, il loro istinto si ribellerà, li boicotterà piantandoli in asso sul più bello.
Quanto poi ai Wewuliyah che per una qualsiasi ragione (di solito per viltà) non osano mettersi alla prova e cercano riparo dal proprio destino in qualche lavoro impiegatizio, non mette conto neppure di parlarne. Sono tra gli esseri più insopportabili che si possano incontrare: il senso di fallimento li opprime e li consuma, e irradia da loro come un’aura greve; malevoli e sprezzanti, nella vita cercano solo conferme alla loro convinzione che nulla importa, nessuno conta e ogni parola è falsa, o lo sarà tra poco.
Francis Bacon (28 ottobre 1909)
I. Sibaldi " Il libro degli Angeli"


Veuliah, o Wewuliyah, è il 43esimo Soffio e il terzo raggio angelico nel Coro solare degli Angeli Virtù, nel quale amministra le energie di Giove. Il suo elemento è l'Acqua; ha domicilio Zodiacale dal 1°al 5° dello Scorpione ed è l'Angelo Custode dei nati dal 24 al 28 ottobre. I sei Angeli Custodi dello Scorpione sono potenze che collettivamente fanno dei loro nati persone complesse, tenaci e determinate, dotate di forte sessualità e fascino, e di uno spirito libero che non si lascia dominare. 
Il nome di Veuliah significa “Re dominatore"
Il dono dispensato da Veuliah è la RIUSCITA.
Secondo Haziel, Veuliah incoraggia la realizzazione materiale dei progetti spirituali accordando ai suoi nati di esteriorizzare quanto c'è in loro di più sublime, lasciando inespressa solo la loro parte più tenebrosa: con l'aiuto dell'Angelo, cioè, la Volontà della persona verrà mobilitata e posta al servizio dell'Opera Divina, onde mettere in pratica i suoi principi più elevati e procedere sempre sulla retta via, avendo modo, inoltre, di superare i limiti naturali convenzionali. 
Il Testo Tradizionale diche che Veuliah presiede alla Pace Universale e la concede ai suoi protetti dando grandi opportunità di liberazione. Veuliah veicola l'energia di Giove ed è dunque un angelo della prosperità e della gioia; e dona generosità e potenza. L'affermazione che concede può essere clamorosa: ma solo a fronte di una vera partecipazione attiva; richiede infatti devozione e abnegazione; e a volte anche di accettare alti prezzi, come emigrare adattandosi a nuove tipologie di vita. Dal punto di vista materiale, con l'aiuto di questo angelo la persona potrà passare dal bisogno all'abbondanza, da una condizione di servitù e dipendenza (sia verso persone o situazioni, sia verso alcol o droghe), ad una di libertà e potere ritrovato.
Qualità di Veuliah e ostacoli dall'energia "avversaria"
Le qualità sviluppate da Veuliah sono generosità, entusiasmo, benevolenza, simpatia, gentilezza; dona liberazione dalle contrarietà e dai propri nemici, capacità di liberarsi da qualsiasi tipo di schiavitù, sia fisica, morale o psicologica: Concede talento nelle arti marziali, successo nella carriera militare e nelle attività pericolose. L’Angelo dell’Abisso a lui contrario si chiama Tachan e rappresenta l'inquietudine per il futuro. Causa volontà di seminare discordia, avarizia, fallimento, conflitti interni. 
Meditazione associata al Nome
La meditazione associata a Veuliah si chiama "sfidare la gravità". Tutti noi abbiamo, nella nostra mente, tutte le potenzialità per svincolarci dagli ostacoli che noi stessi accumuliamo con l'eccessivo attaccamento alla materia: secondo la Kabbalah rifiutarsi di comportarsi in modo egocentrico o autoreferenziale dona alla mente la capacità controllare il mondo materiale, da cui sembrano provenire tutti i nostri mali, trasformandolo in modo positivo e costruttivo.  Meditazione • Ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione: libero il potere della mente sulla materia, quello dell'anima sull'ego e quello del mondo spirituale sul mondo fisico. Senza rinunciare al mondo fisico elimino il suo controllo su di me, la mia autonomia si espande; da me emergono le forze per riappropriarmi del mio destino.
 
Esortazione angelica
Veuliah esorta ad accettare le difficoltà senza ribellarsi e senza nascondersi; a donare se stessi avendo piena fiducia nel proprio destino e nei propri talenti, a mettere i propri successi al servizio del successo di tutti.

DELL'IMPARARE DAGLI ANGELI

L’Angelologia descrive le diverse forme assunte dall’Energia cosmica che entra nel nostro mondo umano e lo vivifica: gli Angelologi chiamano queste forme «Angeli», pensano che siano Settantadue, e le immaginano come porte e portatori di vere e proprie correnti di talenti e di occasioni.
Quanto più conosci questi «Angeli», tanto più li potrai assecondare e far fruttare nella tua vita: a cominciare dal tuo Angelo personale, connesso a te dal tuo giorno di nascita (dalla porta, cioè, che non per caso scegliesti per venire al mondo) e per continuare poi con tutti gli altri settantuno. Quanto più numerosi sono gli Angeli che impari a conoscere, tanto migliori diventano i tuoi rapporti con il prossimo. Impari infatti che cosa puoi o non puoi aspettarti dalle persone, valutando i loro talenti angelici. Impari ad aiutarle, per quanto possibile, richiamando la loro attenzione su quei loro talenti e sulle molte occasioni che avrebbero se li assecondassero.
Impari anche ad apprezzare meglio le convinzioni, le verità altrui: ciascun Angelo infatti delimita anche un orizzonte personale, un punto di vista, un’immagine del mondo funzionale ai talenti che dona a ciascun suo «protetto», e nessuna di queste visuali (di queste verità, appunto) è più o meno vera delle altre; sono semplicemente diverse, e tutte valide parti integranti di quella Verità generale che sarebbe costituita dall’insieme delle Settantadue Verità parziali. Il raggiungimento di questa Verità generale è uno degli scopi più emozionanti che possiamo proporci con lo studio dell’Angelologia.
Via via che scopri e componi – come fossero tessere di un mosaico – le Verità parziali dei vari Angeli, ti accorgi infatti che il tuo mondo interiore si amplia, ed è una sensazione splendida: cominci a considerare il tuo io non più come un territorio da difendere dagli altri, ma come un tuo strumento, adoperato in questa vita da un Io più grande – e solo in questo Io più grande cominci a identificarti. Più piccoli di prima cominciano ad apparirti i tuoi problemi, conflitti e difetti; e assai più grandi, invece, le tue aspirazioni, i tuoi sogni, i tuoi ideali. Cresce la tua consapevolezza di te e della realtà, e questa crescita di consapevolezza va di pari passo con la riscoperta di quelle strutture e sorgenti di sapienza che la Qabbalah raffigura nelle Sephiroth.
È davvero come se l’Albero della Vita crescesse in te. E dove la scoperta di quelle Verità angeliche è frenata (e tutti hanno tali zone bloccate, opache: tutti trovano incomprensibile qualche Angelo…), là si nascondono i principali tesori: là puoi scoprire cioè, con un po’ di pazienza, tue resistenze, tue ferite da guarire, tue domande non
ancora affrontate, che fino a oggi ti avevano fatto apparire certe Verità, certe persone, certe situazioni, certi settori, insomma, del mondo come ostili o a te vietati. E sono appunto quei settori impersonati dall’Angelo che non riesci ancora a capire. Riflettici meglio, chiedi aiuto a Washariyah, l’Angelo-lente, e apri anche quelle porte.

I. Sibaldi "Istruzioni per gli Angeli

Angeli in -'EL e Angeli in -YAH

Ai triletteri (le tre consolanti di cui è composto il nome angelico) per completare i Nomi, viene aggiunta poi la sillaba –’el (come ad esempio in ’Aniy-’el) o la sillaba –yah (come in Ha‘ami-yah), e queste due sillabe sono l’abbreviazione dei due fondamentali aspetti di Dio, chiamati in ebraico ’ELOHIYM e YAHWEH.
’Elohiym è, nella Bibbia, Dio creatore; e Yahweh è Dio custode e legislatore della creazione. ’Elohiym produce, genera, realizza; Yahweh plasma, rifinisce e, soprattutto, pone limiti (sempre nella segretissima speranza che l’uomo impari a superarli). E infatti gli Angeli in –’el hanno come loro doti generali la concretezza, la voglia di costruire, di portare nel mondo cose nuove; mentre gli Angeli in –yah hanno come loro dote generale la voglia di conoscere, esplorare, comprendere, raffigurare ciò che già esiste.

COME SONO COMPOSTI I NOMI ANGELICI?

I Nomi angelici sono composti da cinque consonanti, di cui le prime tre indicano le specifiche qualità o funzioni dell’Angelo. L’elenco completo dei triletteri angelici si trova cifrato nel libro dell’Esodo, cap.14, versetti 19,20,21, che descrivono il passaggio del Mar Rosso:

19. … E l’Angelo di Dio, che precedeva la carovana di Israele, cambiò di posto e dal davanti passò indietro. Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò indietro.

20. Venne così a trovarsi tra le file degli Egizi e la carovana di Israele. La nube era buia per gli uni, mentre per gli altri illuminava la notte; così gli uni non poterono avvicinarsi agli altri per tutta la notte.

21. Allora Mosè protese la mano sul mare. E il Signore,durante tutta la notte, risospinse il mare con un forte vento d’oriente, rendendolo asciutto. Le acque si divisero. In ebraico ciascuno di questi versetti ha 72 consonanti, e il segreto consiste nel leggerli a zig zag, «dal davanti passando indietro», come appunto dice il testo.

Così, il trilettere del primo dei 72 Angeli è costituito dalla prima lettera del primo versetto, dall’ultima del secondo e dalla prima del terzo; il nome del secondo Angelo è costituito dalla seconda lettera del primo versetto, dalla penultima del secondo e dalla seconda del terzo, ecc. Questo brano dell’Esodo risale almeno al VIII sec. a.C., dal che si deduce che l’Angelologia era ben nota già allora.

da "Istruzioni per gli Angeli" di Igor Sibaldi

venerdì 25 ottobre 2013

WaWuLiYaH (dal 23 al 28 Ottobre)


ESERCIZI DI ANGELOLOGIA SINTETICA

WE ARE THE CHAMPIONS, MY FRIENDS

Uno spudorato  esercizio per approfittare dell'energia di WaWuLiYaH (dal 23 al 28 Ottobre)

C'è qualcosa in cui siete veramente i migliori? Qualcosa dev'esserci, anche se non vi viene in mente niente. E se veramente non ci fosse, sarebbe proprio ora che la trovaste, una vostra specialità in cui brillare incomparabilmente, in cui essere illimitatamente geniale. Anche soltanto il modo di cucinare la cacio e pepe, o di centrare il cestino con una pallottolina di carta.
Perché non dovreste sentirvi FIERI di voi? Forse una ragione c'è, ed è di carattere prudenziale: è il dubbio che quella fierezza contrasti troppo con altri aspetti della vostra vita, riguardo ai quali non avete molto i cui rallegrarvi. E che tale contrasto vi faccia venire l'idea di migliorare, ovvero di CAMBIARE qualcosa nel vostro modo di comportarvi.
Ma...E' SEMPRE LA SOLITA PAURA DEL CAMBIAMENTO!
Quindi, bando alla modestia. Cosa state aspettando a trovare il vostro primato?
Tratto da I. Sibaldi "Il libro degli Angeli"

La parola ebraica "chutzpah" non può essere tradotta letteralmente, ma dovrebbe significare più o meno: "audacia più anticonformismo uniti a precisa consapevolezza di ciò che si vuole ottenere e positiva spavalderia nel perseguire il proprio obiettivo"... Molto WaWuLiYana, no?

Vi auguro di usarne molta, in questi giorni

giovedì 24 ottobre 2013

WaWuLiYaH (dal 23 al 28 Ottobre) waw-waw-lamed

L'Angelo di chi si ribella alla Bestia o Angelo del successo
"UN LIMITE DOPO L'ALTRO, IO SALGO"

CHIAVI: Il dono di saper chiedere e di sape ricevere, sia dai superiori sia dal Cielo. Successi soltanto là dove agisce per una causa giusta. Ricchezza nelle imprese condotte in comune con altri.

COSA TI CHIEDE? Quali sono i tuoi desideri veramente impossibili?

Se la  W (waw) indica un limite, un nodo, una trappola, la doppia W indica un DOPPIO limite: una prigione da superare. Ma per fortuna c'è una L (lamed), il geroglifico dell'"oltre", perciò il significato diventa: "Dove c'è un limite, io lo supero". E questo è l'atteggiamento che i WaWuLiYaH  hanno nei confronti dell'esistenza. Non perché incontrino dei limiti, ma perché la loro posizione centrale nell'Albero della Vita e la loro sovrabbondanza di energia sente le opinioni delle persone attorno come una costrizione, che li porta a esplodere. Non riescono in alcun modo ad essere in armonia col proprio ambiente se non superandolo: allora si integrano perfettemente. Non sono dominatori, però: semplicemente sono "oltre". E non hanno il problema degli HaHaH'eL di perdersi se arrivano troppo in alto: gli WaWuLiYaH non si perdono mai, la loro L li guida verso una serie di superamenti continui Che si dedichino al commercio, alla scienza, all'arte o facciano anche semplicemente la massaia sono in continua crescita, e cercano sempre affannosamente attorno dei muri alti da superare. "Superare" è la motivazione tipica degli WaWuLiYaH
 Il loro punto debole ( e spesso non lo sanno) è un fondo di senso di colpa (una malattia contagiosa, che si prende dai parenti e dagli amici e che, spesso, richiede decenni per guarire). Il WaWuLiYaH  vi è molto esposto: la sua crescita così audace comincia a sembrargli un po' oltraggiosa. Per questo motivo si esprime al massimo e diventa inarrestabile quando lavora per qualcun'altro. Non un dirigente, ma compagni, soci, famigliari. E' proprio una caratteristica delle Virtù a causa del loro posizione centrale avere quest'indole protettiva: quando sentono che le loro conquiste non servono solo a  loro ma a un gruppo, una squadra, o quando mantengono qualcuno, allora vengono tolte le ultime remore alla loro ascesa. Possono frenarsi solo se pensano di lavorare esclusivamente per loro stessi. Un esempio di questa dinamica fu Danton (26 ottobre): in una situazione rivoluzionaria, in cui tutto era W, pericolo, salì al punto più alto, ma quando tradì la causa, occupandosi solo dei sui interessi, il nodo si strinse attorno a lui.
da "La psicologia degli Angeli" di I. Sibaldi

lunedì 21 ottobre 2013

MIYKA'EL SEPARARE LE ACQUE

"La separazione delle acque" Gabriella Dumas
Il Nome di Michele, il principe degli Arcangeli, viene solitamente tradotto «Chi è come Dio?», perchémiy? in ebraico significa «chi?» e kiy è «come». Vi è sembrato strano che un Arcangelo avesse come Nome una domanda, per di più retorica? Se é così, mi complimento con voi: vuol dire che la vostra sensibilità è desta e sottile. Il senso di Michele è infatti assai più profondo. Le lettere M e Y compongono, in ebraico, la radice della parola «acqua», che in questa antichissima lingua ha soltanto il plurale – MYM (pronuncia: maiym), «le acque». Era un plurale perché si riteneva che le acque nell’universo fossero almeno di due tipi, come è spiegato anche nella Genesi:

"Dio (’El) fece un gran vuoto che si estendeva e separò le acque le une dalle altre: quelle che sono sotto quel vuoto, e quelle che sono sopra quel vuoto."(Genesi 1,7)

Quel «vuoto» è il luogo dell’aria, della terra, del cielo, e le «acque» sono tutt’intorno: «acque» simboliche, si intende. Le «acque», nella Bibbia, sono il simbolo di ciò che è informe, e che disgrega, dissolve. Prima della creazione dell’universo vi erano soprattutto tenebre e ACQUE:

"la terra era informe… e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo Spirito di Dio aleggiava sopra le acque." (Genesi 1,2)

Nelle innumerevoli correnti di quelle acque (la tradizione ebraica non ama il mare) agiva il caos, tutto era forse-chissà, tutto diventava niente, nell’insondabile profondità dei Mari, nell’insondabile profondità dello spazio buio.

Naturalmente, anche qui, l’immagine è decisamente simbolica: prima di QUALSIASI creazione tutto è così acqueo, così dissolto e dissolvibile, così caotico. Dio-’El, il creatore, preparò quella volta il vuoto, il luogo per creare: separò le «acque», fece in modo che venissero CONTENUTE altrove. Usò insomma il potere della lettera K.

E questa è la specialità dell’Arcangelo Michele. Anche lui è un separatore di «acque», uno che prepara il luogo in cui esistere, creare e intendere e capire l’universo intorno. Questo è il Nome M-Y-K: le «acque» caotiche finalmente dominate. E l’iconografia cristiana lo mostra bene: Michele è raffigurato solitamente nell’atto di imporre il suo controllo (K) sul diavolo, sulle forze dissolutrici e caotiche. E nell’Angelo di questi giorni questa facoltà micheliana assume la forma d’un meraviglioso potere di non lasciarsi atterrire dalla distanza, di comprendere e dominare estensioni che per tante persone rappresentano ostacoli insuperabili – un po’ come potevano apparire i mari, a chi, come gli Ebrei e gli Egizi, erano abituati alla terraferma.
A qualcuno è tornato in mente il famosissimo Passaggio del Mare? Sì, anche quella volta, Michele ci mise del suo.

Tratto da I. Sibaldi " Istruzioni per gli Angeli"

KAPH La carezza, la benedizione



In ebraico Kaph (a nostra K), è il geroglifico dell’afferrare, del comprendere. Kaph significa contenitore e simboleggia il palmo della mano. Diversamente dalla Yod, che indica l'intera mano (yad) e indica potere e possesso, la Kaph rappresenta il palmo, che fa da contenitore e ciò che può esservi contenuto, nel senso di ciò che viene realizzato o prodotto, con uno sforzo mentale o fisico. Ma è anche la lettera della carezza e della benedizione.

Kaph/ Kaph in finale di parola



domenica 20 ottobre 2013

W.S.

Diletta chi ti diletta, non chi ti sfugge.
Diletta quel cuor che per te si strugge.
Non ti diletta chi amor ti dice, ma ti diletta chi guarda e tace

sabato 19 ottobre 2013

MiYaKa'eL ( dal 19 al 23 Ottobre)



MIYKA'EL mem-yod-kaph (dal 19 al 23 Ottobre)
L'Angelo di Israele
"DAL CONFINE IO VEDO CIO' CHE LIMITA GLI ALTRI"

CHIAVI: Saper parlar con chi è lontano. L'obbedienza e saper capir chi comanda. Saper comprendere le ragioni altrui. Successo in luoghi lontani.

COSA TI CHIEDE: Quali dell tue sconfitte ti indicano, in realtà, direzioni nuove e migliori?
Umberto Boccioni  "Visioni simultanee"

Vedono soltanto le cose lontane, la loro mente ha come un anello di Saturno, lontano lontano, e solo lì vede e intuisce, mentre ciò che è vicino gli appare sempre insoddisfacente , mediocre, loro stessi per primi, quando si guardano allo specchio. Hanno ragione: ciò che capiscono è infallibilmente poco e giustamente, si annoiano. Come possono crescere, se no? "Una casa troppo stretta è la mia anima, per accogliere Te", dice Agostino. "E tu ampliala" dice MiYKa'eL.
I, Sibaldi "L'arca di nuovi Maestri"

La ballata del vecchio marinaio: un Miyka’el come Samuel Taylor Coleridge non avrebbe potuto trovare un titolo migliore per il più celebre dei suoi poemi. Il compito dei protetti di questa Virtù consiste infatti nel lasciarsi attrarre da tutto ciò che è lontano, e nello scoprire le sorprendenti doti di intuizione, di lungimiranza, di veggenza addirittura, che permettono loro di connettere ciò che già sanno con ciò che si può trovare solo al di là di molti orizzonti. Sono esploratori; in altre epoche sarebbero stati sciamani; spesso, anche se non lo sanno, sono medium: in ogni caso, nulla dà loro più gioia e vigore dell’avventurarsi in culture e dimensioni diverse. Per lo più sono intermediari: tornano, cioè, a raccontare, come i Miyka’el John Le Carré e Michael Crichton, l’uno espertissimo di spionaggio internazionale, collaboratore del Foreign Office (foreign, si noti), l’altro esploratore di quei mondi nuovi, poco importa se reali o fantastici, che narra in AndromedaCongoJurassic Park e via dicendo. Oppure, senza muoversi da casa, fanno in modo che quel che è lontano giunga o irrompa nella loro patria: come fu per il Miyka’el Pierre Larousse, creatore dell’omonimo dizionario enciclopedico, o per Umberto Boccioni, caposcuola del Futurismo italiano.
Ma può anche avvenire che l’intermediazione li annoi e l’amore per le lontananze prevalga su tutto, tanto da diventare fine a se stesso. Allora capita che si perdano appassionatamente nei loro viaggi, come il Miyka’el Arthur Rimbaud, l’autore de Il battello ebbro e di Una stagione all’inferno, che abbandonò la poesia giovanissimo per una vita avventurosa di soldato, disertore, mercante di schiavi, geografo – e morì pochi giorni dopo il suo ritorno in patria. Oltre all’estero, anche la spiritualità, l’Aldilà, l’inconscio, il passato remotissimo (meglio se preistorico o paleontologico, come appunto ha dimostrato Crichton) possono essere altrettante mete del loro inquieto bisogno di raccogliere, assorbire e trasportare informazioni. Da una cosa soltanto devono guardarsi: dal restare, non solo a casa, ma ovunque. Si deprimerebbero, si ammalerebbero, esploderebbero, se dovessero sentirsi di nuovo a casa loro in qualche posto. Diffidino perciò di chiunque li voglia trattenere: è soltanto un nemico, o nel migliore dei casi una prova, un «guardiano della soglia» da superare. Viceversa, l’emigrazione e l’esilio – così temuti da tanta altra gente – sono per i Miyka’el sinonimi di fortuna. Non c’è distanza, percorsa o da percorrere, che non lavori a loro favore. Non c’è nulla che li rilassi come un viaggio, nulla che li rianimi più di un trasloco.
L’epoca attuale si direbbe dunque fatta apposta per i protetti di quest’Angelo delle Virtù: mai come oggi sono state offerte loro tante possibilità di impiego. Qualsiasi professione abbia a che fare con mezzi di comunicazione è adatta a loro, e così pure qualsiasi campo della ricerca, la letteratura, il teatro, il cinema, la musica, lo sport, il commercio: purché viaggino! E purché, anche, rimangano soli per il minor tempo possibile, dato che esplorare l’animo altrui – animi sempre nuovi, possibilmente – è per loro un’altra necessità essenziale.
Naturalmente, questo pone ai Miyka’el una serie considerevole di problemi sul piano degli affetti. Poiché tutto ciò che è vicino li soffoca, i legami stabili non sono il loro forte: la famiglia e in particolar modo il matrimonio rischiano di apparire una prigione, a un Miyka’el che viva in casa, e viceversa diventano punti di riferimento fondamentali, dolcissimi e luminosi, durante i periodi in cui è via. Per i loro fidanzati e coniugi è uno stress ma, appunto per la ragione che ho appena detto, i Miyka’el incontrano enormi difficoltà anche nello spezzare un legame che abbia dimostrato di non reggere: appena si staccano da una persona che hanno amato, questa torna a essere per loro importante, e quanto più ne sono distanti, tanto più sentono di non poter vivere senza di lei. Per i Miyka’el meno suscettibili in fatto di morale, la soluzione di questa dicotomia potrebbe consistere nel procurarsi due legami sentimentali, magari in due luoghi diversi: ne risulterebbe una doppia fedeltà, paradossale ma efficace, nella quale il picco di passione verso un partner sarebbe raggiunto proprio nei periodi che il Miyka’el trascorre in compagnia dell’altro. Quelli che invece preferiscono un ménage più regolare, dovranno combattere pazienti battaglie contro la loro indole per poterlo consolidare.
Nei rapporti con l’autorità e con i superiori in genere, i Miyka’el si trovano invece perfettamente a loro agio. Non avviene mai che se ne sentano oppressi o limitati: comprendono le dinamiche di ogni tipo di gerarchia, e vi si adeguano prontamente. Sanno sia obbedire sia comandare con uguale saggezza, dato che risulta facilissimo, per loro, mettersi nei panni di chi sta sopra come di chi sta sotto, e ragionare con la sua testa. Mostrano un uguale talento anche per ciò che riguarda la psicologia dei loro concorrenti e dei loro alleati, e darebbero quindi ottima prova di sé sia come esperti di marketing, sia come analisti, pianificatori e strateghi aziendali, sia anche – in più alte sfere – in qualsiasi settore della diplomazia, dato che sono solitamente di mentalità conservatrice. Perché mai, infatti, dovrebbero provare tentazioni eversive o rivoluzionarie? Vuol cambiare le cose chi si preoccupa di rendere più confortevole, più abitabile una determinata situazione: ma ai Miyka’el non preme di abitare da nessuna parte. Piuttosto, in diplomazia o nelle politiche aziendali potrebbero provare, talvolta, a fare il doppio gioco, come certi protagonisti di Le Carré; ed è probabile, anche in quel caso, che riescano a servire egregiamente gli interessi di entrambe le parti in causa, così che nessuno abbia, in fondo, di che lamentarsi.
Tratto da I. Sibaldi  "Il Libro degli Angeli"
Mikael, o Mihael, o Mihahe’el, o Miyka’el, è il 42esimo Soffio e il secondo raggio angelico nel Coro solare degli Angeli Virtù, nel quale amministra le energie di Saturno. Non va confuso con l'
Arcangelo Mikael(a lui omonimo) né con il quasi omonimo Mihael, angelo 48, del mese di Novembre (angelo lunare che rappresenta l'ottavo soffio nel suo stesso Coro). Il suo elemento è l'Aria; ha domicilio Zodiacale dal 25° al 30° della Bilancia ed è l'Angelo Custode dei nati dal 19 al 23 ottobre. I sei Angeli Custodi della Bilancia sono potenze che collettivamente fanno dei loro nati persone sensibili e altruiste, equilibrate e con un profondo senso della giustizia; spesso intimamente volte al sapere metafisico. Amanti della Bellezza e dell'arte, sono affascinanti e istintivamente impegnati nella ricerca dell'armonia per sé e per gli altri.
Il nome di Mikael significa “Simile a Dio"

Il dono dispensato da Mikael è l'ORGANIZZAZIONE, o l'ORDINE INTERIORE.
L'ordine interiore donato Mikael è la capacità di trovare in sè un equilibrio in cui coesistono i più vari elementi della nostra essenza. Questo Angelo, omonimo del potentissimo Arcangelo Michele, porta nell'energia del proprio Nome le stesse valenze di carisma e potere. Concede agli uomini la comprensione delle Leggi dell'Ordine Cosmico e aiuta i suoi protetti a porre la propria coscienza al servizio di tali leggi; e, poiché l'energia di Saturno struttura le Leggi, con l'aiuto del suo Angelo la persona può diventare un grande legislatore. Secondo il Testo Tradizionale Mikael conduce i suoi protetti a viaggiare molto e ad assaporare i piaceri sia di natura spirituale che materiale. E' lo speciale tramite spirituale con ciò che è superiore, che potrà garantire la loro perfetta riuscita. Dice Haziel che Mikael proietta luce sulla struttura superficiale degli individui, su ciò che si trova a fior di pelle, dando risalto a ciò che è apparente a non solo a ciò che è interiore; la persona potrà dunque essere molto in vista e ottenere un'esistenza molto facile: tutte le porte le verranno aperte senza bisogno di spingerle e a sua volta farà ottenere incarichi importanti e di prestigio. In realtà, aggiunge Haziel, tutto andrà per il meglio poiché i protetti da questo angelo sono già passati in precedenza attraverso fasi intermedie che li hanno portati, attualmente, a poter dominare (con il suo aiuto) tutti gli aspetti della loro personalità, dall'emotivo al mentale. Mikael assicura ai regnanti e ai potenti la stabilità dei loro domini e dei loro affari; concede riuscita in campo politico e nella carriera diplomatica; protegge inoltre tutti coloro che sono in viaggio (cosa importante all'epoca della codificazione di questa tradizione, nella quale gli spostamenti erano ben più rischiosi di oggi). Sul piano materiale le carriere di questi nati avranno grande successo attraverso la fedeltà ad un capo legittimo, in quanto l'angelo assicura all'individuo un prodigioso successo in ogni attività che sia in rapporto con livelli superiori al suo. Ma bisogna assicurarsi di non servire un capo illegittimo o i cui intenti siano contrari al bene comune. 
Qualità di Mikael e ostacoli dall'energia "avversaria"
Le qualità sviluppate da Mikael sono intelligenza attiva e curiosa; facilità di parola; equilibrio; senso di responsabilità e dell'onore, fedeltà alla parola data, ordine, rispetto, disciplina. Attitudine alla politica e alla diplomazia: dona ai suoi protetti particolare fortuna in queste carriere.L’Angelo dell’Abisso a lui contrario si chiama Orinel e rappresenta la slealtà; ispira il tradimento nei confronti dei superiori, la calunnia, la menzogna e la diffusione di notizie false e dannose. Causa malvagità, usurpazione del potere e cospirazioni. 
Meditazione associata al Nome
La meditazione associata a Mikael si chiama "svelare ciò che è nascosto". Il nostro ego, che in noi si esprime attraverso l'attività della mente, altera la realtà in modo da mantenere la nostra visione delle cose solo al livello della mente superficiale, che non riesce a cogliere che dettagli parziali  e frammentati. Ma sotto la ridda dei pensieri e delle preoccupazioni superficiali, come un seme nascosto nel terreno, si cela una conoscenza che abbiamo già dentro di noi, e di cui possiamo avere rivelazione: questa verità può allontanare definitivamente la sofferenza e noi possiamo riportarla alla luce, anche con l'aiuto dell'energia di questo Nome.  Meditazione • Ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione: io ascolto, e uso i poteri dell'osservazione profonda per vedere la verità e trovare il coraggio di gestirla.
 
Esortazione angelica
Mikael esorta ad attingere dentro di sè la consapevolezza di essere simili a Dio, a sviluppare la comprensione del mondo e mettere le proprie forze a disposizione del bene.

giovedì 17 ottobre 2013

HE

HE  Il respiro di un uomo che prega

Nella sua forma più antica, la HE veniva scritta in un modo particolare: un uomo stilizzato con le braccia alzate verso il cielo e le gambe leggermente piegate. Un uomo che sta pregando.Per HE inizia Hallel "lode", come , per esempio, in Halellu-yah .

Il suono è  morbido, lievemente aspirato, di h inglese ( se si trova all’inizio o all’interno di una parola, muto se invece si trova alla fine - dove spesso indica il genere femminile).
E' il suono di un respiro; ma non di un respiro normale, di un respiro intenso, lungo.
Il respiro di un uomo ( o di una donna ) che prega.

HE Sarai Sarah

HE   Sarai Sarah

La E del nostro alfabeto deriva da questa lettera di origini fenicie, la HE
E' formata da una DALET ed una YOD. La DALET rappresenta il mondo fisico, che si misura nella sua espansione in larghezza ed altezza, mentre la YOD  il Mondo a Venire. Quindi la HE ci insegna a riempire le nostre vite combinando questi due mondi.È il geroglifico della vita, dell’invisibile, della spiritualità, dell’anima, della verità e della femminilità: anche in greco e in latino, d’altronde, l’anima era immaginata come femminile; e in ebraico è femminile anche lo spirito (ruakh).Nella Bibbia Dio disse ad Abramo: " Sarai tua moglie non chiamarla più Sarai; il suo nome sia Sarah (Genesi 17:15). Prima di questo passo Sarai era sterile; dopo questo passo Sarah diventò fertile e concepì Isacco. La nuova lettera HE posta alla fine del nome di Sarah implicò una maggiore femminilità e la possibilità di concepire un figlio. La trasformazione del nome SARAI (mia principessa) in SARAH (principessa) indica un ruolo più elevato. Da quel giorno non era più solo la moglie di Abramo, ma divenne la Matriarca (principessa) di tutto il mondo. 

Interstate 60

Vediamo quello che ci aspettiamo di vedere, non necessariamente che cosa c'è in realtà". Un viaggio all'interno dei saperi nascosti del mondo e del microcosmo umano

mercoledì 16 ottobre 2013

Io

IO

Paradiso, Purgatorio e Inferno ESISTONO e sono eterni, perché sono degli STATI DI COSCIENZA


 
Si sta all'Inferno quando si pensa : NON SONO IO! 
(Infatti nell'Inferno di Dante tutti imputano a una circostanza esterna il loro peccato: la fame, il libro "galeotto" ecc.) . Vedi tutto come tentazione, tutti come nemici, e questo rende la tua vita un inferno.
In Purgatorio, ci si comincia a rendere conto: SONO IO!
E' penoso. Però, prendendosi la responsabilità della propria condizione, si realizza che si ha anche il potere di cambiarla.



VA', VA' VERSO DI TE (Genesi 12,1-2)

VA', VA' VERSO DI TE   (Genesi 12,1-2)


A questo giro si raddoppia: ben DUE esercizi di ANGELOLOGIA SINTETICA per sintonizzarsi con la dirompente energia di HaHaHe'eL

IL TEST DELLA NOIA ( molto emozionante, anche se un po' pericoloso): Guardatevi attorno attentamente e osservate cosa vi ha già annoiato e cosa no. Niente "Sì, mi ha un po' stufato, ma in fondo è ancora utile...".Sincerità e spietatezza totali. Potete cominciare da casa vostra, stanza per stanza , e poi uscire a perlustrare le via del quartiere. Il pericolo, ovviamente, consiste nella possibilità che non troviate niente che non vi abbia già annoiato da un pezzo...Sconfortante, certo! Ma voi perseverate fino a che non trovate qualcosa che passa il test. E cominciate da lì.

Dopo esservi resi conto della spaventosa quantità di energia che si spreca ogni giorno per non accorgersi delle banalità o addirittura farle sembrar gradevoli siete pronti per le domande che inevitabilmente ne derivano
" COSA CI FACCIO QUI"
"CHI O COSA MI IMPEDISCE DI FARE DI MEGLIO ALTROVE?"
Prendetevi tutto il tempo per rispondere, facendo attenzione, anche qui, alle risposte banali, come potrebbero facilmente essere quelle troppo brevi - ad esempio "il mio dovere..." NO. Sedetevi a un tavolo e rispondete per iscritto, facendo un po' di "brainstorming", ossia scrivendo molto in poco tempo - diciamo due pagine in non più di dieci/quindici minuti. Le regole da seguire perché sia efficace sono:
- scrivete chiaro
- non fermatevi a rileggere
- scrivete TUTTO ciò che vi viene in mente

Più tardi ( magari dopo qualche giorno: questo genere di esercizio lascia sempre un po' sottosopra), rileggete con attenzione - specialmente le cose che lì per lì avevate avuto l'impulso di cancellare). Troverete spunti interessanti, che vi daranno forza, slancio, nuove idee per i 101 desideri, nuovi argomenti per i sogni e nuove vie nella realtà.

Coincidenze o inevitabilità

Se vogliamo possiamo credere alle coincidenze, personalmente credo più al concetto di inevitabile.
Ogni evento accade inevitabilmente altrimenti non accadrebbe.
Anche a pinocchio accadde durante il suo cammino una serie di eventi che apparentemente, agli occhi delle persone, potevano sembrare drastici; per portare a termine il suo percorso ed arrivare alla sua illuminazione, lo stesso pinocchio affronta prove, che in quel momento fanno sembrare la sua vita dura o ingiusta.
Ciò accade anche a noi in ogni istante della nostra vita, in base a ciò che ci capita passiamo da momenti di tristezza a momenti di gioia... Pensando che siamo fortunati in alcuni momenti e meno fortunati in altri.
Gli inglesi usano un espressione un po' bizzarra ma che rende appieno l'idea "go Fuck" fatti fare...dalla vita.
Ecco che il destino per quanto lo vogliamo cambiare e inevitabile, come è inevitabile che se una cosa la desideriamo veramente dal nostri cuore, ci trasformiamo in quel istante in Aladino.
Il cuore è come la lampada quando si apre tutto ciò che ci accadrà sarà inevitabile.
Ma questa è solo una storia 

martedì 15 ottobre 2013

HAHAH'L he-he-he (dal 14 al 19 Ottobre)

HAHAH'L  he-he-he (dal 14 al 19 Ottobre)
L'Angelo di chi vola più alto
"LA MIA ANIMA SI PERDE IN SE STESSA"

CHIAVI: Saper suscitare la fiducia e la fede. Maestria nell'analizzare e nell'argomentare. Saper interpretare ottimamente il ruolo che ci siamo scelti o che ci è stato assegnato Protezione contro gli eccessi. Protezione contro chi calunnia e scoraggia.

CHE COSA TI CHIEDE: Quali direzioni vecchie ti stanno intrappolando oggi?

"Sono cardinali, maestri di sipari. Allestiscono gli spettacoli in cui rendere onore al passato. Nessuno guida gli altri meglio di loro; sono prestigiatori dell'obbedienza: sanno sempre farla apparire nei cuori, come per gioco. Ma ne amano tanto il sapore che solo quando obbediscono anche loro apprezzano il mondo".
I. Sibaldi "L'arca dei nuovi maestri"


Umano, troppo umano: quando Friedrich Nietzsche intitolò così il suo celebre «libro per gli spiriti liberi», colse in pieno la ragione segreta delle molte inquietudini degli Hahahe’el, delle loro contraddizioni, del loro fascino anche, spesso irresistibile, e delle loro tanto frequenti delusioni. Troppo umano appare davvero, a questi «spiriti liberi», non soltanto tutto ciò che vedono attorno a sé (incluso il loro corpo riflesso allo specchio), ma anche quel tanto di invisibile che giunga alla loro portata: non c’è pensiero, desiderio, ideale, idolo o fede che alla loro anima non sembri ben presto insufficiente. «Dobbiamo parlare soltanto di ciò che abbiamo superato: il resto è chiacchiera, ‘letteratura’, mancanza di disciplina », scriveva Nietzsche in quel libro memorabile: e gli Hahahe’el infatti sono condannati a non parlare di nient’altro, e a meravigliarsi sempre un po’ di come la maggior parte della gente ami invece «chiacchierare», e credere alle proprie «chiacchiere».
Dalla forma che assume in loro questa meraviglia dipende in gran parte la vita degli Hahahe’el. Può diventare tenerezza (con una punta d’invidia, magari) e allora avvertono in sé una vocazione da educatori. Sono protettivi, comprensivi; come bravi fratelli maggiori si sentono in dovere di guidare gli altri, di farli crescere fin dove loro sono giunti già da un pezzo. L’Hahahe’el Italo Calvino, soprattutto nelle sue Lezioni americane, diede ottimi esempi di tale tendenza. Se invece inclinano (ed è frequente) al disprezzo per quella che a loro sembra l’ingenuità o l’ottusità altrui, capita che godano nel prendersi gioco di quante più persone possibile, nel vanificare le loro certezze come se fossero illusioni, o nel servirsene per manipolarli.
Le loro qualità sono perfette sia per un caso sia per l’altro: gli Hahahe’el sono estroversi e comunicativi, abilissimi nel suscitare fiducia, lucidi nelle argomentazioni, autorevoli (o autoritari) quanto basta, sempre persuasivi, astuti, e dotati per di più di un particolare talento per la strategia, e che permette loro di organizzare con altrettanta facilità, a seconda delle propensioni, percorsi didattici per i loro allievi o trappole per le loro vittime. Nell’uno come nell’altro caso sono minacciati, d’altronde, da una serie di complicati rischi, contro i quali può tutelarli soltanto una paziente autoanalisi.
Il rischio principale è l’eccessiva fiducia in se stessi: troppa davvero, tale da sgomentare rapidamente anche loro, e da trasformarsi nel proprio contrario, cioè in un vertiginoso timore delle decisioni prese – come chi dopo aver premuto troppo l’acceleratore chiudesse gli occhi per il panico da velocità. Celeberrimo il caso dell’Hahahe’el Oscar Wilde, che dapprima abbandonò la famiglia per una passione omosessuale, poi ostentò per qualche tempo la sua diversità, facendone anche un emblema del magnifico distacco con cui guardava al conformismo vittoriano, e alla fine parve desiderare lui stesso di venir punito per lo scandalo: non si mise in salvo all’estero, quando l’omosessualità venne dichiarata un reato, si lasciò arrestare e il carcere lo distrusse.
Ad aggravare la situazione vi è il cattivo rapporto che gli Hahahe’el hanno solitamente con il proprio corpo. A loro piace usarlo come uno strumento, senza dare ascolto alle sue normali esigenze, ed è facile perciò che il corpo si vendichi quando – nella loro voglia di superare sempre quel che già hanno – finiscono con l’esaurirne le forze. Alcol e altri eccitanti, psicofarmaci, incidenti, malattie da superlavoro sono, qui, da prevenire accuratamente. E, dal commediografo Eugene O’Neill, a Montgomery Clift, a Mickey Rourke, non mancano certo esempi tristi di questo genere di esagerazioni.
Altri rischi derivano dalla loro incostanza: hanno perennemente la sensazione che, qualunque cosa stiano facendo, qualcos’altro di molto più importante stia avvenendo altrove, e che loro ne siano tagliati fuori. Ciò ne fa magnifici cacciatori di novità, e dunque leader in tutte le professioni in cui sia richiesta questa dote; ma nella vita privata li rende ansiosi, sempre insoddisfatti, tanto da spazientire alla fine anche il più gentile degli amici o dei partner. Rimangono soli, e la solitudine li esaspera presto, li spinge a buttarsi di slancio in rapporti affrettati, sbagliati, deprimenti. Gli Hahahe’el sono convinti, certo, di poterne uscire indenni – di poter superare nietzscheanamente anche quelli – ma a lungo andare è proprio la depressione ad averla vinta; e quando ne escono sono spesso talmente delusi dal mondo e incattiviti, da non poter resistere alla tentazione di abbandonarsi al lato oscuro delle loro doti – quello manipolatorio appunto. La loro irritabilissima riluttanza a riconoscere i propri torti completa poi il quadro, in chiave angosciosa.
Avrebbero bisogno di un ideale, di un maestro o di un capo che disciplini e indirizzi le loro energie e che, soprattutto, li faccia sentire ciò che sono davvero – perenni adolescenti esigentissimi – e se ne prenda cura come tali. Ma è tutt’altro che semplice trovare una personalità tanto imponente e luminosa da non poter essere superata da loro! Si dice che Hahahe’el sia l’Angelo dei cardinali: e ci vorrebbe proprio un papa, o simili, perché questi animi tempestosi accettino di farsi guidare. Alcuni riescono a temperarsi scegliendosi un ideale sufficientemente alto di cui assumersi il cardinalato, come lo fu quello socialista per gli Hahahe’el Luciano Lama e Norberto Bobbio; o la Qabbalah per Haziel, grande e metodico divulgatore; o la gloria degli Stati Uniti per il generale Eisenhower. Altri cercano invano per tutta la vita, sforzandosi per quanto possibile di limitarsi perché i loro eccessi non li portino troppo lontano. Il che è prudente, certo, ma per loro assai malinconico: è dura, infatti, per questi avventurieri, doversi accontentare di una normalità che ai loro occhi è mediocrità soltanto, nei cui valori non credono e in cui tutto e tutti li annoiano. Ne risultano incubi, come quelli di cui l’Hahahe’el Dino Buzzati popolava il mondo, nei suoi romanzi e racconti più crudeli.
I. Sibaldi "Il libro degli Angeli"



Hehahel, o Hahahel, o Hahahe’el, è il 41esimo Soffio e il primo raggio angelico nel Coro solare degli Angeli Virtù, nel quale amministra le energie di Urano. Il suo elemento è l'Aria; ha domicilio Zodiacale dallo 20° al 25° della Bilancia ed è l'Angelo Custode dei nati dal 14 al 18 ottobre. I sei Angeli Custodi della Bilancia sono potenze che collettivamente fanno dei loro nati persone sensibili e altruiste, equilibrate e con un profondo senso della giustizia; spesso intimamente volte al sapere metafisico. Amanti della Bellezza e dell'arte, sono affascinanti e istintivamente impegnati nella ricerca dell'armonia per sé e per gli altri.
Il nome di Hehahel significa “Dio uno e trino" o "Trinità di Dio"

Il dono dispensato da Hehahel è la SPIRITUALITA'.
Questo Angelo offre la gioia della spiritualità che si ottiene vivendo la vita come celebrazione: della bellezza, della bontà, di tutto ciò che è bello nel creato e in ciò che ci circonda, di tutto ciò che esiste, che ci è stato dato e che noi stessi siamo. Si dice che la sua "essenza" sia il sacerdozio autentico, cioè la comprensione che ciascuno è sacerdote nell'ambito della propria vita. Ma questo è soprattutto l'angelo dell'Amore di Dio, in quanto vincola all'amore, ne favorisce la scoperta e aiuta a concentrarsi su un obiettivo. Combatte le forze ostili alla fede e alla spiritualità. Rende intuitivi e compassionevoli e domina sulla religione universale: protegge infatti tutti coloro che, tramite qualunque idea, credo o religione, amano, predicano e operano per l'unità rivelando la verità dell'amore e il Dio universale, rifiutando ogni uso violento della religione. Dice Haziel che la coscienza della persona protetta da Hehahel (la sua energia di tipo solare) capta la saggezza-amore inculcata da Urano; non amerà dunque le cose puramente materiali (ricchezza, affermazione professionale o sociale), perché avrà intuizione o coscienza che il suo regno non è di questo mondo. Per queste ragioni la personalità Hehahel non è fatta per i ruoli mondani, si sentirà anzi a disagio nella società terrena finché la sua coscienza non la porterà alla realizzazione di opere disinteressate: ed è qui che otterrà il successo; le sue parole saranno portatrici di Pace, le sue mani potranno guarire. Ciò che noi cerchiamo negli altri è la gioia della condivisione e la nostra unità psichica. I soggetti che avvicinandosi a noi (perché illuminati da Hehahel) trovano la loro strada diventeranno nostri amici; e vi giungono motivati dall'intelletto, che si trova a un livello più avanzato rispetto alle emozioni; infatti l’amicizia, in base a questo schema, è superiore a ciò che è l'amore sentimentale, e che è pur sempre un riflesso dell'Amore, ma soggetto alle tempeste della passione. Ottenuta la pace interiore, lo sguardo si orienta verso la meccanica interna dell’Universo e, a chi è interessato a questo tipo di ricerca, tutto il resto sembra di portata secondaria, sicché non esita a lasciar cadere la vita sociale con i suoi riti. La priorità assoluta va alla vita psichica, mentale, animistica; le necessità esteriori vanno in secondo piano, eccetto il lavoro necessario alla sopravvivenza. Nell'ambito di questa sete di amore e di sapere, se invocato, Hehahel concede praticamente tutto.
Qualità di Hehahel e ostacoli dall'energia "avversaria"
Le qualità sviluppate da Hehahel sono grande energia, grandezza d'animo, mitezza, alta spiritualità e senso mistico. Dona infatti un'indole naturalmente volta alla vocazione spirituale e sviluppa le qualità dell'amore cristico, ritorno alla fede, comprensione delle Leggi Divine. Concede successo nelle carriere dedicate all'insegnamento, alla spiritualità e alla solidarietà. L’Angelo dell’Abisso a lui contrario si chiama Amalin e rappresenta l'apostasia, l'infedeltà e la tendenza a rinnegare; causa tradimenti e violenze. Ispira a coloro che hanno autorità spirituale abusi nel loro ruolo. 
Meditazione associata al Nome
La meditazione associata a Hehahel si chiama "autostima". Secondo la Kabbalah, infatti, la più profonda autostima si sviluppa in noi quando diventiamo coscienti di quanto l'energia divina sia presente in noi, a tutti gli effetti, come parte di noi: e  la meditazione su queste lettere aiuta a raggiungere questa consapevolezza.  Meditazione • Ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione: con la divina energia delle lettere di questo Nome, io sono connesso al potere dei grandi antichi Maestri, per guarire ogni ambito della mia vita: inclusi i problemi di salute, le difficoltà finanziarie e i conflitti personali
Esortazione angelica

Hehahel esorta ad amare per amare: la sua influenza, che rende per i suoi protetti l'amore necessario come l'acqua, rende impossibile agire altrimenti. Assecondando l'impulso generoso all'amore si otterrà quella forza che, oltre a dissipare i problemi personali, renderà capaci di portare aiuto agli altri e al mondo.




    Virtù - il crogiolo

    VIRTU'
    Il crogiolo

    Gli Angeli dei nati dal 14 Ottobre al 22 Novembre appartengono al Coro delle VIRTU'.
    Il termine ebraico è MaL'aKiYM : "pienezze". Cosa li riempie? L'afflusso di tutte le energie angeliche.
    Si trovano, di fatto, nella posizione centrale dell'Albero della Vita, connessi a tutte le altre sfere. Li si può immaginare come  un Sole ( e infatti il loro colore è un oro abbagliante), che circonda ogni cosa di luce e, contemporaneamente, è il punto fermo attorno a cui tutto gravita. O un crogiolo, in cui le qualità di Serafini, Cherubini, Troni, Dominazioni, Potestà, Principati, Arcangeli e Angeli si mescolano e traboccano.
    La qualità propria dei MaL'aKiYM è la SAGGEZZA: la capacità di comprendere in sé ogni cosa.
    Tratto da I. Sibaldi "Il libro degli Angeli"e "L'Agenda degli Angeli"

    lunedì 14 ottobre 2013

    Sognare

    Questa notte ho fatto un sogno a dir poco reale.
    Mi trovavo in una sala da ballo avevo un pantalone nero, scarpe nere una camicia bianca molto aderente e le bretelle di colore rosso; la sala era piena di persone alcuni conoscenti altre persone mai viste; inizia la musica un brano di latin jazz molto coinvolgente con note che sprigionavano una certa passionalità.
    Inizio a ballare, la partner non l'avevo mai vista prima alta 1,75 mt circa capelli castano chiari lisci è lasciati liberi, è vestita di rosso un abito che si addice molto ad uno spettacolo, le scarpe anche esse rosse.
    Quando iniziamo a ballare sento una forte scossa che parte dallo stomaco che si propaga in ogni parte del corpo, provo un emozione così forte che durante il ballo sono quasi convinto di essere si una distesa infinita e sembra come se le note scendano nitide dal cielo; ad un certo punto cambia la musica e così cambia l'ambientazione il partner, gli indumenti indossati, insomma cambia tutto.
    Si passa attraverso ogni genere musicale, così come si passa in luoghi e tempi mai visti.
    Il sogno poi si sposta verso un auditorium e mi trovo vestito in smoking a suonare un pianoforte, poi come per il ballo il sogna in base allo strumento che cambiava si spostava attraverso diversi luoghi e ambientazioni sempre nuove.
    Poi mi trovavo a parlare con tanto diversi abitanti nel mondo, in ogni lingua nel luogo in cui mi trovavo.
    Poi ancora ero disteso su una spiaggia e mentre osservavo il cielo stellato, ricevevo ogni tipo di informazione da stelle e pianeti.
    Quando mi sono svegliato mi sono recato in bagno e nel momento in cui mi trovavo davanti il lavandino noto allo specchio che sulle guancie erano rimasti i segni delle lacrime uscite durante la notte.
    Mi auguro di ripartire dallo stesso sogno per esplorare nuovamente ogni spettacolo dell'universo.

    giovedì 10 ottobre 2013

    Yeyaz'eL

    YEYAZ'EL   yod-yod-zain (dal 9 al 13 Ottobre)
    L'Angelo degli artisti
    " MOLTI, TROPPI SONO GLI SCOPI A CUI MIRO"

    CHIAVI: Liberazione dalle catene e dai nemici. Protezione contro la rassegnazione. Successo soltanto nelle arti.

    COSA TI CHIEDE? Quale dei tuoi ostacoli sono solo tue proiezioni?

    " Quest'Angelo è tutta tensione: vive per opporsi a chi lo opprime, per liberarsi da situazioni soffocanti: solo allora sta bene. Perciò se ne crea apposta, e ne trova appena può. S non ne trova si sente inutile e sperduto.
    Fortunatamente è anche l'Angelo che spinge a parlare con l'Aldilà, quando l'Aldiquà è troppo angusto, o a voler creare cose belle, con tutta la fatica che occorre. A non ascoltarlo si rimane soltanto uno che brontola."
    I. Sibaldi "L'arca di nuovi Maestri"

    Yeyazel, o Yeyalel, o Yeyaze’el, è il 40esimo Soffio e l'ottavo, e ultimo, raggio angelico nel Coro marziano degli Angeli Potestà, nel quale amministra le energie lunari. Il suo elemento è l'Aria; ha domicilio Zodiacale dallo 15° al 20° della Bilancia ed è l'Angelo Custode dei nati dal 9 al 13 ottobre.

    I 6 Angeli Custodi della Bilancia sono potenze che collettivamente fanno dei loro nati persone sensibili e altruiste, equilibrate e con un profondo senso della giustizia; spesso intimamente volte al sapere metafisico. Amanti della Bellezza e dell'arte, sono affascinanti e istintivamente impegnati nella ricerca dell'armonia per sé e per gli altri.
    Il nome di Yeyazel significa “Dio che rallegra"
    Il dono dispensato da Yeyazel è la GIOIA, o il CONFORTO.
    Questo Angelo offre il dono dell'impulso a una reazione benefica in chi si trova annientato dagli eventi. Dice Haziel che la sua azione fa penetrare l'energia marziana del suo Arcangelo all'interno dell'energia lunare, per "liberare i prigionieri che sono in essa". L'energia della Luna è infatti il riflesso di altre energie cosmiche che vi sono trattenute, e perciò si può dire che vi sono imprigionate; allo stesso tempo, impregnandola delle proprie energie, queste altre fonti ne occupano lo spazio; cioè tengono a loro volta "prigioniera" la Luna stessa. 
    Ma tramite l'energia lunare di Yeyazel le energie marziane del Coro delle Potestà vi irrompono per liberare ogni cosa. Non per niente il Testo Tradizionale spiega che questo angelo può liberare da tutto ciò che ci tiranneggia, ci vessa, ci opprime, ci perseguita, ci inquieta, ci preoccupa; come una sorta di Zorro liberatore. In quanto lunare, egli ha potere su tutto ciò che è immagine e immaginazione: dunque sull'editoria, sui dischi, sulla stampa, sulla radio, sulla televisione e sul cinema; e naturalmente sull'acqua e sul mondo dell'inconscio. 
    Attraverso questo Angelo l'energia lunare produce il sale; per risonanza, se lo invocheranno, i suoi protetti potranno avere una vita piena di interessi; tuttavia sarà sempre primaria la dimensione intima. Dice Haziel che Yeyazael impone la rettitudine nel Mondo dei Sentimenti, e di conseguenza nei Sentimenti che animano la persona. La materia utilizzata dall'individuo per la formazione del suo Io-sentimentale comporterà un elemento restrittivo, che tuttavia non le impedirà di agire (in campo sentimentale) in piena e totale libertà. D'istinto, la persona capirà che non può fare tutto, che occorre evitare certi piaceri, pur non sapendone esattamente il motivo; l'influenza dell'angelo spinge a dominare le proprie emozioni. Yeyazel influenza operativamente tutto ciò che determina il prodursi delle emozioni: la madre, la casa, il focolare domestico, l'ambiente specificamente familiare. E' presumibile che queste fonti emotive coomportino anche un certo rigore, una certa austerità, per definire fino in fondo l'ordine interiore dell'individuo (forse trasgredito in una vita precedente). Per una donna, elemento essenziale sarà la madre; per un uomo il ruolo capitale lo avrà la moglie. Sotto l'influenza di Yeyazel le donne diventano eccellenti colonne della vita familiare, così come (se dominerà l'energia contraria) verranno proprio da relazioni familiari i peggiori dispiaceri.
    Riguardo al trigramma della radice del Nome, la prima lettera yod (mano) proviene da: "l'Angelo di Dio che stava davanti al campo di Israele si mosse e si mise dietro di loro" (Esodo 14, 19). La seconda yod da: "questa nube era tenebrosa da un lato, dall'altro rischiarava la notte" (Es. 14, 20). La zayin (sciabola), da: "e l'Eterno ritirò il mare con forte vento da Oriente" (Es. 14, 21). Il rebus formato dalle tre lettere chiave nel Nome del tuo Angelo, in relazione alle loro origini, dà l'immagine del sentimento della liberazione. Per questo Yeyazel è considerato l'angelo che aiuta e ispira gli artisti e gli scrittori, e anche l'angelo del perfezionamento.  
    Qualità di Yeyazel e ostacoli dall'energia "avversaria"
    Le qualità sviluppate da Yeyazel sono purificazione, ragione, allegria, buona comunicazione, amore per la lettura; gioia di scrivere e di creare, capacità di ringraziare, riconoscenza e ottimismo. Yeyazel dona consolazione, amore, liberazione dalle avversità; carattere amabile e leale, fine ironia; sincerità. Concede vita interessante e piena; felice esito in campo editoriale e artistico, e in tutti gli ambiti legati alla comunicazione e all'immaginazione. Ancora, questo Angelo concede liberazione dalle accuse ingiuste e dalle prigionie, siano essere fisiche o mentali.
    L’Angelo dell’Abisso a lui contrario si chiama Atriel e rappresenta la tristezza e gli scritti infelici. Induce pessimismo, amarezza, sfiducia di sè. Causa solitudine, rovina, desolazione; accentua infatti tutte le qualità negative dello spirito e dell'anima: porta la tristezza e la tendenza a vivere isolati dai propri simili per odio o sfiducia nei loro confronti. 
    Meditazione associata al Nome
    La meditazione associata a Yeyazel si chiama "dire le parole giuste".Secondo la Kabbalah, infatti, queste lettere forniscono uno strumento meditativo efficace per dissipare le energie negative seminate nella nostra vita da cose dette avventatamente. Perché le parole sono molto potenti: innescano forze spirituali che influenzano gli eventi e le circostanze della vita, nostra e degli altri. E' importante siano usate per portare all'esterno noi stessi, aiutando gli altri a comprenderci; oppure per andare in soccorso agli altri, creando ponti con le nostre parole. Secondo il sapere kabbalistico - invece - la diffamazione e il pettegolezzo aumentano le malattie che affliggono il mondo. Il modo in cui usiamo la parola è talmente importante che secondo la Tradizione "noi veniamo al mondo con un numero prestabilito di parole negative che ci è permesso pronunciare: quando questa scorta è esaurita la Morte ci sopraffà". Ma in effetti, così come le nostre parole che feriscono gli altri fanno male anche alla nostra anima, allo stesso modo quelle che donano gioia trasformano radicalmente la realtà, in Bene, e infondono in noi benedizioni. Meditazione • Ora, concentrando la tua visione sulle lettere ebraiche della radice del Nome, senza pensare ad altro, respira e, lasciandoti permeare profondamente e a lungo dal suo significato, pronuncia questa intenzione: Riguardo al mio ego, premo il tasto "muto": ora per mio tramite parla la Luce. Da ora in poi, in tutte le occasioni, ogni mia parola eleverà la mia anima e l'intera esistenza. Esortazione angelicaYeyazel esorta a invocare il potere della sua energia angelica per attingere il coraggio necessario a dispiegare i propri talenti e metterli al servizio del mondo, con fiducia: la benevolenza offerta al mondo, e tutto il Bene che ne scaturisce, si riversa poi nella nostra vita sotto forma di benedizioni.
    In Don Chisciotte, lo Yeyaze’el Miguel De Cervantes raffigurò pressoché tutte le caratteristiche dei protetti di questa Potestà: la grande energia, gli ancor più grandi ideali, e al tempo stesso lo smarrimento, il segreto timore di tanta grandezza interiore; e in tale timore maturano l’ancor più segreta voglia di 
    non riuscire, l’attrazione per ogni sorta di ostacoli e nemici che blocchino la via, e la ricerca di lacci anche interiori, di debolezze personali da ingigantire, perché l’impulso a trasformare gli ideali in azioni ne venga smorzato il più a lungo possibile: Don Chisciotte è infatti sulla cinquantina, ovvero vecchio per gli standard di allora, quando finalmente decide di diventare un cavaliere errante. Lo tengano presente i suoi fratelli d’Angelo: che non tocchi anche a loro la sorte di scommettere troppo tardi sulle considerevoli doti di cui certamente dispongono! E quando poi decidono, devono ancora fare i conti con altri pericoli donchisciotteschi generati da quel timore di sé: la propensione – in alcuni quasi irresistibile – a legarsi appassionatamente a persone sbagliate, a Dulcinee insensate; l’ansia, sempre controproduttiva, di ricevere l’approvazione di molti, e al tempo stesso il suo contrario, disastroso anch’esso, la sensazione di essere individui eccezionali e appunto perciò tali da dover risultare incomprensibili ai più. Ne deriva l’incapacità, da un lato, di riposarsi e, dall’altro, di ascoltare consigli: ed è per questa via che finiscono con il battersi contro i mulini a vento, da cui vengono catastroficamente sconfitti, e di sconfitta in sconfitta approdano soltanto a una cupa rassegnazione, in cui ricapitolano gli errori commessi per dedurne soltanto che il mondo non è un buon posto per realizzare i sogni.
    E in un certo senso quest’ultima cosa è vera, per tutti gli Yeyaze’el, se per mondo si intendono le possibilità che possono offrire loro le professioni consuete, quelle che hanno tredicesima e trattamenti di fine rapporto. Lì, non c’è proprio spazio per la loro meravigliosa personalità. Devono puntare altrove: a essere dei Cervantes, invece che dei Chisciotte! Trovino perciò professioni in cui usare il più liberamente e audacemente possibile la loro creatività. La loro mente ha percorsi troppo vasti ed elaborati perché riesca a esprimersi, o comunque a trovare una collocazione, entro le strutture già esistenti; deve produrne di nuove; l’arte è il loro campo, o magari la scienza, purché si tratti di ricerca d’avanguardia, o di rivoluzionarie invenzioni. E lì anche gli aspetti più eccessivi del loro carattere possono servire da ottimo materiale di costruzione: la troppo stretta coesione di ragione e sentimento, che aveva segnato la rovina di Chisciotte, in arte si rivela invece il più delle volte una benedizione, la condizione stessa dell’intensità dell’immaginazione. Ne sapevano qualcosa gli Yeyaze’el Antoine Watteau, Giuseppe Verdi, Montale e Pavarotti. È chiaro che non potranno aspettarsi esistenze regolari, in cui cercare quelle forme di felicità di cui la maggioranza si accontenta. Ma in realtà gli Yeyaze’el non le vogliono: né l’amore, né l’amicizia, e nemmeno il rispetto, la prudenza, la modestia, la ragionevolezza, come le si pratica di consueto, potranno mai rispecchiare le loro esigenze. Ciò che per altri è un pregio o buona educazione, per loro è un limite. Ciò che è normale per i più (un po’ di razionale egoismo, un po’ di tranquilla routine, un po’ di conflitti tradizionali con genitori, coniugi e figli) è per loro un nemico fatale. E viceversa, quel che ad altri appare come difetto diviene, per gli Yeyaze’el che abbiano fiducia nel loro talento, una condizione operativa: il ritenersi fuori norma, incommensurabili, per esempio, dà loro la forza di osare ciò che nessuno aveva osato prima; il non accettare consigli è il presupposto della loro autonomia, della loro originalità creativa (che ne sarebbe stato di Verdi, o magari dello Yeyaze’el Harold Pinter, se avessero dato retta a qualche cauto contemporaneo più anziano?); e persino la mancanza di equilibrio, l’incapacità degli Yeyaze’el di affrontare razionalmente i loro problemi privati, diviene ragione e alimento della loro arte, nella quale tutto ciò che nella loro esperienza personale è irrisolto viene trasformato in storie e forme in cui tanti altri possano riconoscersi. Quanto poi ai mulini a vento, non c’è davvero artista né scienziato che non ne abbia bisogno, nell’affrontare la fatica di un’opera: se si fosse accontentato di avversari più concreti, avrebbe infatti scelto più vantaggiosamente la politica, o la morale, per dare una forma alle proprie idee.
    Certo, accettare una vocazione artistica o scientifica non è facile nel mondo d’oggi: ma la solitudine che richiede, la concentrazione, il continuo altalenare tra speranza di valere qualcosa e timore di non valere abbastanza, di star soltanto sognando, gli Yeyaze’el le devono affrontare comunque nella loro vita; e tanto vale dunque assumersele a ragion veduta, con obiettivi precisi. Mal che vada, potranno sempre ripiegare sull’insegnamento, piccolo porto sicuro degli Yeyaze’el più incerti o modesti, e dedicarsi a incoraggiare i giovani ad affrontare le belle carriere in cui loro non hanno voluto brillare.
    I. Sibaldi " Il libro degli Angeli"

    "Don Chisciotte"  di Salvator Dalì